Anna Turcato

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Pronta a ripartire? La giacca sarà tua alleata!

Anna · 2 Settembre 2021 · Lascia un commento

C’era una volta la giacca. 

Eh sì la giacca è un capo la cui storia arriva da lontano. 

Per molti secoli la giacca è stata un elemento insostituibile dello stile degli uomini.

Nel Settecento veniva chiamata marsina (come spiego in questo corso). Strumento per coprirsi ma anche per raccontare la propria posizione sociale, grazie alle sue decorazioni (più pizzi, più trine e più ricami significava più ricchezza) e del pregio del suo tessuto. 

Le giacche erano, infatti, realizzate con materiali opulenti, spesso decorate con fantasie elaborate e tinte in sfumature che oggi avviciniamo più alla moda femminile, come il rosa.

Nell’Ottocento la giacca diventa il capo, per eccellenza, in grado di definire l’eleganza maschile. 

La giacca del vero gentiluomo era realizzata su misura.

Solo i “poveretti” indossavano giacche con le maniche troppo corte o troppo lunghe e che non si adattavano perfettamente alla loro figura, ereditate in famiglia o comprate “in taglia” (l’acquisto dei capi con le taglie inizia proprio nell’Ottocento, come spiego in questo corso). 

Rigorosamente scura e studiata in ogni dettaglio e misura, la giacca “da signore” obbediva alle regole spiegate da Beau Brummel e da Balzac nel suo “Trattato della vita elegante”.

E le donne?

Anche loro avevano diritto a coprirsi ma l’accessorio preferito per farlo, in quel periodo, era lo scialle. 

Fino alla fine dell’Ottocento lo scialle era, infatti, un elemento fondamentale dello stile femminile. La sua fama nasce alla fine del secolo precedente quando entra in auge la foggia “a impero” (dall’Imperatore Napoleone  – in inglese questo stile viene chiamato Regency perché “esplode” nel periodo della Reggenza).

Gli abiti erano tagliati sotto al seno e avevano le spalle più scoperte e per questo prevedevano lo scialle al fine di accompagnare le zone rimaste più esposte.

Anche se nell’Ottocento vengono preferiti abiti molto più pudichi e rigorosi, rispetto allo stile impero, lo scialle non va in pensione.

Anzi! Lo stilista più famoso dell’Ottocento e cioè Charles Frederick Worth, iniziò la sua carriera proprio come commesso nel reparto scialli dei Grandi Magazzini Gagelin.

Eh sì: gli scialli avevano un vero e proprio reparto e Worth, per incentivarne la vendita, considerato che piegati erano poco visibili, decise di far sfilare le sue colleghe con gli scialli indossati sopra a semplici abiti disegnati da lui.
In questo modo di fatto, come spiego qui, inventò il concetto di sfilata (prima nessuno mai aveva fatto una cosa del genere) e capì che in realtà lui voleva fare lo stilista e non il commesso (le clienti erano più interessate agli abiti da lui ideati che agli scialli). Qui puoi approfondire questa storia.

E le giacche da donna?

Le giacche femminili erano considerate capi più adatti agli sport, come per esempio l’attività equestre (è in questo periodo che si capisce quanto lo sport possa aiutare il benessere del fisico e “far vivere più a lungo”).  

O il tennis! Sport per cui il sarto John Redfern, nel 1885, aveva inventato il tailleur. 

Provvisto di gonna e giacca, si trattava di una mise pratica che presto venne ritenuta adatta anche alla vita quotidiana.

Le donne furono ben felici di sperimentare una nuova comodità a cui non erano abituate.

Una piacevole scoperta che divenne ben presto un bisogno.

Ecco come la giacca (più pratica dello scialle che è da “da tenere  in mano”) venne sempre più utilizzata dalle signore nei loro look giornalieri.

Portata lunga,

o “accorciata” sul retro per accompagnare al meglio quel rigonfiamento sul sedere che veniva chiamato tournure, in voga fino all’inizio del secolo scorso.

La giacca libera!

È negli anni Venti del ‘900 che la giacca diventa un capo che trova dimora fissa anche nel guardaroba femminile.

In tutte le versioni, anche quella “intima” e sensuale sfoggiata dalla bellissima Louise Brooks in questa foto.

Una giacca che si fa anche a colori e si abbina perfettamente alle mise della “ragazza moderna”.

E, non a caso, viene declinata anche al maschile. Accompagnata sempre da un trucco carico e studiato per “non passare inosservate”.

Le donne durante il primo conflitto mondiale (come racconto qui e qui) avevano, infatti, preso il posto degli uomini al lavoro per far andare avanti l’economia, mentre mariti, padri e figli erano impegnati al fronte. 

E avevano così imparato l’indipendenza. Adesso lo sapevano: loro potevano lavorare, ne erano capaci ed erano persino in grado di badare a loro stesse e di “portarsi il pane” in tavola da sole. 

Bastava calcare in testa il cappello a cloche, infilare una giacca e via: si era pronte per camminare spedite verso il proprio futuro.

Indossando un paio di comode “Mary Jane”.

Non è un caso che la giacca fosse il capo preferito da Mademoiselle Chanel, la donna che più di tutte incarna lo spirito di questo periodo. 

Una ragazza rivoluzionaria che aveva presto dovuto imparare a occuparsi di sé e che ci era riuscita benissimo, diventando un’icona di stile e di moda. 

Ma che non aveva mai dimenticato il suo passato, anche se poco amava parlarne, e soprattutto non aveva mai dimenticato la sensazione di sicurezza e determinazione che provava indossando le giacche dei suoi uomini, Etienne Balsan prima e Boy Capel poi (come ti racconto qui).

Gabrielle, Coco, Chanel aveva le idee chiare in merito alle giacche: dovevano consentire il movimento!

Come puoi vedere in questa intervista, lei era una donna sempre in movimento, anche da ferma le braccia e il corpo erano “in azione”; esattamente come le sue idee (non a caso si concesse di morire una domenica, il giorno che meno amava perché il “più fermo e riposato”). 

Le giacche dovevano rimanere comode e seguire questi movimenti. Ecco perché le faceva realizzare sempre un po’ più “larghe” in corrispondenza del collo.

Gli abiti, secondo Chanel, dovevano dare garanzia di praticità.

(ecco una giovane Gabrielle con le immancabili perle decorative – finte proprio per ricordare il suo passato – abbinate ad una maglia a righe e ad una giacca comoda).

La giacca permette di sperimentare

Questo capo continua ad accompagnare le donne anche negli anni ’30: donne ormai consapevoli di loro stesse e che hanno sempre più voglia di sperimentare, anche con la loro femminilità.

Come insegna la meravigliosa e anti-convenzionale Marlene Dietrich che indossava “abiti da uomo” non tanto per emulare il maschile ma per affermare con forza la sua possibilità di giocare con l’abbigliamento, esprimendosi in tutte le sue sfaccettature.

Giocando con i contrasti e abbinando la giacca con una camicia dalla foggia lussuosa e femminile.

Marlene, fiera e decisa, e che con il suo stile anticipò esattamente quello che sarebbe stato.

Indossare una giacca conferisce struttura. 

Indossare una giacca, specie se provvista di spalline, fa sentire più forti e sicure. Ecco perché al lavoro, quando dobbiamo affrontare situazioni difficili, sentiamo il bisogno di metterla: ci aiuta a “darci un tono”. 

Proprio come capitava alle donne durante il periodo della seconda Guerra Mondiale. 

Elsa Schiaparelli, che io qui definisco “la prima consulente d’immagine”, sapeva che per affrontare tempi difficili sarebbe stato necessario vestire la propria determinazione a farcela. 

E per questo inventò l’abito a grattacielo. 

Mettendo alle giacca le spalline che aveva “preso in prestito” dalle divise militari. 

Perché anche le donne sarebbero andate in una guerra, magari non al fronte, ma avrebbero sicuramente avuto bisogno di spalle forti. Che le avrebbero condotte ovunque. 

Donne provviste anche di solidi elmetti perfettamente abbinati alle larghe spalline.

Ecco che donne e uomini cominciarono ad indossare la stessa giacca,

con la medesima intenzione di “struttura” e definizione.

Ecco perché la giacca è il capo che più rappresenta gli anni ’40. Un periodo difficile per la moda europea e in cui Hollywood si sostituisce (come spiego qui) alle maison parigine.

Un periodo in cui icona di stile è, non a caso, Katharine Hepburn.

Un’attrice carismatica e anticonformista, dalla lunghissima carriera e dallo stile inconfondibile. Che amava la giacca perché bene si adattava alla sua personalità pratica e indipendente.

Una donna che teme, certo, i venti della guerra e lo spettro della miseria ma sa che può contare sulle sue gambe forti per andare incontro al futuro con determinazione e speranza.

E che mette in armonia decisione e dolcezza, esattamente come Katharinecombina il suo completo giacca – pantalone ai suoi morbidi capelli fluenti, sognando un futuro migliore.

Negli anni ’50 il futuro migliore arriverà ma non per questo la giacca abbandona il guardaroba al femminile. 

Monsieur Christian Dior, lo stilista più celebre del periodo, capisce i desideri delle donne e sa che queste non vogliono privarsi della struttura guadagnata.

Ecco perché proprio la giacca è un elemento fondamentale del Tailleur Bar da lui ideato. Composto da giacca in shantung di seta sopra ad una gonna in lana e proposto per la prima volta il 12 Febbraio 1947.

Un completo che ho avuto il piacere di vedere ad una mostra dedicata proprio a Dior al V&A di Londra nel 2019.

Che emozione osservare quelle pieghe perfette sulla giacca!

Ecco la donna che Monsieur Dior ha in mente: aggraziata e sicura e che indossa una giacca dal punto vita segnato, capace di rendere il corpo femminile sinuoso come una clessidra e leggiadro come un fiore. 

Una giacca che sottolineava la femminilità, la grazia,

e l’eleganza studiata in ogni dettaglio.

Come sapeva benissimo Grace Kelly,

ma anche Marilyn Moroe che usava la giacca per mettere in risalto il suo fisico da pin-up.

La giacca: una “cosa per signore”.

Sarà Chanel a creare la “giacca perfetta” in occasione del suo “ritorno sulle scene”.

Il 24 Febbraio 1954 la Maison Chanel aveva riaperto i battenti (dopo aver chiuso in periodo di guerra) per tornare a proporre un’idea di moda pratica e in antitesi con quella di Monsieur Dior che, secondo Mademoiselle, aveva messo in “gabbia le donne”. E che, per questo, la aveva fatta molto arrabbiate!

L’accoglienza a Parigi era stata molto tiepida. Quella signora forse sapeva il fatto suo negli anni Venti ma adesso era assolutamente “passata di moda”, lei e la sua praticità.

Praticità che piacque, invece, in America dove le signore eleganti ma pragmatiche come Romy Schneider (nella foto insieme a Mademoiselle) e Jacqueline Kennedy si innamorarono della celebre giacca Chanel, comparsa per la prima volta nel Gennaio 1955.

Come era realizzata la giacca Chanel? Con cura e praticità, così come voleva Mademoiselle.

Ispirata alle giacche militari austriache, si tratta di una giacca dritta e senza colletto.

Come tessuto venne scelto un pratico tweed, reso più sostenuto e spesso unendo tessuto e fodera che erano percorsi anche da un’impuntura spaziata di qualche centimetro che costituiva una sorta di imbottitura.

Le maniche, cucite sulle spalle, si presentavano “ad angolo” per seguire al meglio la linea del braccio e accompagnarne il movimento.

A questo proposito pare che Coco Chanel prendesse le le misure alle sue clienti con le braccia incrociate sulle spalle, per garantire un maggiore confort.

(Chissà se lo aveva fatto anche con Romy. Non è affascinante vedere Mademoiselle al lavoro con la sua immancabile sigaretta tra le labbra?)

Sulla giacca era, inoltre, presente una catenella posizionata sul fondo alla giacca al fine di conferire verticalità all’insieme. Così da rendere il capo ancora più adatto ad accompagnare la figura.

Le maniche erano studiate per poterci infilare le mani dentro, proprio come faceva Mademoiselle.

Una giacca che fece la storia e che entrò nella storia (qui indossata da Marie-Hélène Arnaud, una delle modelle preferite da Chanel ).

Una giacca che, da allora ,venne copiata in tutti i modi ma, come diceva Mademoiselle, “che mi copino pure, significa che rimarrò”.

Un capo reso iconico da Jacqueline Kennedy quando indossò un completo Chanel, comprato in America, proprio nel giorno in cui suo marito, il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, venne assassinato a Dallas il 22 Novembre 1963.

La giacca continuò, poi, ad essere un capo amato da Jacqueline Kennedy che la abbinava con memorabile raffinatezza.

Ma soluzioni così eleganti e signorili avevano poco fascino per le giovani ragazze che avevano deciso di “prendere in mano il loro stile”, come Mary Quant.

Così negli anni ’60, la giacca viene “tollerata” in colori accesi, fantasie particolari o portata lunga e con sotto una minigonna.

A meno che non si trattasse di usarla per sparigliare le carte come insegnava Yves Saint Laurent, facendo indossare alle donne la giacca maschile per eccellenza e cioè lo smoking.

Ispirandosi a Marlene Dietrich che già la aveva già portata nel film “Marocco” del 1930.

Meravigliosa! 

Ecco il sopraffino couturier con la musa e amica Catherine Deneuve: i due portano la medesima giacca smoking.

Quella della giacca in versione maschile è un’ispirazione che colpisce anche l’elegantissima Audrey Hepburn.

Che usa “giacche da uomo” con il suo fascino eterno: come cambiare le regole e farlo con grazia e determinazione insieme.

Negli anni ’70 la giacca viene “deturpata” con tagli e spille per mettere in chiaro che “le cose sono cambiate” e che “bisogna distruggere quello che è stato per immaginare un nuovo futuro”. 

Preferita in pelle per conferire struttura e definizione alla propria rivoluzione.

E se scelta in versione più classica, la giacca viene portata con un paio di pantaloni a zampa,

oppure colorata e decorata di inserti.

O ancora indossata “a pelle” per ribaltare il concetto di formalità, anche in una situazione importante come il giorno del proprio matrimonio.

Ecco l’abito da sposa di Bianca Jagger di cui ti ho già parlato anche qui.

Power Giacca!

La giacca si prenderà la sua rivincita diventando regina indiscussa dello stile negli anni ’80. 

Dopo tanta “distruzione” si aveva bisogno di certezze. La situazione sociale, economica e politica aveva passato un grande periodo di incertezza: c’era occorreva riportare ordine e stabilità!

Cosa di cui era convinta Margaret Thatcher, grande utilizzatrice della giacca che divenne protagonista di molti suoi look iconici.

Torna la voglia di grandi spalline per sentirsi di nuovo “forti e possenti”.

Questo è il periodo del power dressing (come spiego qui) e cioè del vestire il potere che si desidera ottenere.

Potere che le donne hanno in misura molto minore rispetto agli uomini: ecco perché a loro la giacca serve ancora di più. 

La donna in carriera non può proprio esimersi dallo sfoggiare una giacca dalle ampie spalline.

Specie se dai colori accesi, per farsi notare.

E decorata da gioielli importanti e lussuosi nell’aspetto, così da risultare memorabili indossandola.

Ma anche una giacca tinta nelle mille sfumature di greige inventate da Giorgio Armani

che proprio su questo capo costruì l’inizio della sua fortuna.

Armani che per disegnare non pensa ai suoi desideri di stile ma alle necessità concrete delle persone che indosseranno i capi da lui ideati.

Come ho spiegato in questo corso, Giorgio Armani e Coco Chanel hanno davvero tantissime cose in comune: prima tra tutte quella di immaginare una donna che sa prendersi il suo posto nel mondo con naturalezza, decisione e rimanendo sempre sé stessa.

Come quando Re Giorgio decise di togliere la fodera e l’amido alla giacca per renderla più pratica da usare nella quotidianità,

pur mantenendo la sicurezza e la fierezza.

Non credi che a Mademoiselle Chanel sarebbe piaciuto questo look firmato Armani e indossato da Antonia dell’Atte?

Io credo che avrebbe potuto indossarlo anche lei.

Negli anni ’80 anche la regina del punk, Vivienne Westwood, cede alle lusinghe della giacca e, da par suo, la realizza in versione “pirata”.

E nell’iconico tessuto chiamato Harry’s Tweed: tradizionale e originale allo stesso tempo, come da sua firma (nota la distribuzione asimmetrica dei quadri nella fantasia e i colletti “diversi”).

 

E negli anni ’90? La giacca classica continua ad essere usata “dai grandi”, mentre i giovani, proprio come era successo negli anni ’60, la reinterpretano a modo loro preferendola in versione over, così come vuole il grunge. 

E tu che rapporto hai con la giacca? 

La giacca, sia con la gonna che con il pantalone, viene utilizzata dalle donne soprattutto nelle situazioni formali, in cui desiderano dare un’impronta sicura al proprio stile.

Proprio come era successo a Lady D in occasione della presentazione del suo fidanzamento con il principe Carlo, il 24 Febbraio 1981. Una “signorina” che non sapeva nascondere il suo imbarazzo.

Ed ecco perché troverai la giacca proposta spesso dai giornali o indossata dalle star, nei prossimi mesi in cui avremo bisogno di darci forza e determinazione per ritornare ad una nuova normalità.

Tu la metti oppure no?

Non tutte hanno una passione per la giacca!

Negli anni e durante i miei corsi o in occasione delle consulenze, ho conosciuto molte donne con una vera e propria predilezione per questo capo, capace di farle sentire a loro agio in ogni situazione. 

Altre, invece, mi hanno raccontato che la giacca le rende troppo “impettite”.

È tutta una questione di personalità! È tutta questione di trovare il capo che si intona proprio a noi.

Ogni nostra scelta in fatto di abiti e di accessori, infatti, parla di noi e spiega chi siamo.

Le giacche non sono tutte uguali, ci sarà quella che per foggia, forma, dettagli, colore e fantasia si accorderà maggiormente al nostro modo di essere.

A fiori.

“Asimmetrica”.

(trovi questo look in questo numero settimanale di PollyAnna)

In pelle.

O ancora colorata di rosa,

di giallo,

 

o di arancione.

Quale ti colpisce di più?

Anche la giacca Chanel può essere reinterpretata in molti modi.

(trovi questo look in questo numero settimanale di PollyAnna)

Perché non è un capo che “fa lo stile” ma l’insieme dei diversi ingredienti (come scrivevo anche qui). 

Preferirai un look semplice,

o uno più estroso, con una giacca luminosa e magari abbinata ad una gonna in tulle?

Così anche la classica giacca nera può avere diverse “versioni”, a seconda di come la si abbina. 

Ti immagini più così?

O cosi?

Quale somiglierà di più a te?

O ancora, osserva questi 2 look con giacca a quadri: in quale ti rivedi?

Più sobrio:

(trovi questo look in questo numero settimanale di PollyAnna)

O in versione punk?

Come trovare la tua giacca? E il tuo look con giacca?

Ti aiuta la Pollyletter dedicata al rientro che puoi acquistare da qui.

Per rientrare con il sorriso e la sicurezza di vestire chi siamo!

Troverai tanti look che ti guideranno a individuare la giacca e il look con giacca più intonati a te e con cui illuminare la tua bellezza, la tua personalità e anche la tua quotidianità. 

Come per esempio questo:

Un numero ricco, questo, in cui ci saranno anche:

  1. consigli per te che “ritorni a scuola” come insegnante;
  2. suggerimenti per i look da sfoggiare alle cerimonie di Settembre;
  3. indicazioni sulle tendenze della prossima stagione, da interpretare a modo tuo!

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(gli sconti valgono fino al 5 Settembre)

Ti piace quando ti racconto la Storia della Moda?

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E le “Ragazze Rivoluzionarie della Moda” sono pronte a farsi conoscere e a incantarti!

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A proposito di rientro hai deciso come colorarlo?

Sarebbe bello ripartire insieme!

Magari a questo corso.

Oppure in una consulenza privata che potremo fare sia dal vivo che online.

In ogni caso io ti aspetto!

E intanto ti auguro buone sperimentazioni, in giacca!

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Mi chiamo Anna Turcato, e da sempre uso la moda per esprimere me stessa.
Sono una image consultant e style strategist. Ho base a Venezia ma mi sposto, spesso e molto volentieri, in tutta Italia e lavoro tantissimo con e grazie alla rete. Leggi tutto…

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Anna mi ha fatto fare un viaggio, tenendomi per mano, alla scoperta di accostamenti, colori e forme. Mi ha aiutata a cercare e trovare quali sono quelli che mi valorizzano, quali mi fanno sentire bene, quali mi fanno sorridere quando passo davanti allo specchio. Ho capito che ciò che indosso non serve solamente per comparire davanti agli altri, ma anche per credere di più in me stessa. Ho scoperto il piacere di scegliere ogni giorno come vestirmi. Una volta mi ha detto una frase: “Tu quando ti vesti devi divertirti”. Ecco: io questa cosa non la credevo possibile, e invece lo è.
Monja Da Riva Shiatsuka http://www.perlavitachescegli.itPisa
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Anna è stata meravigliosa durante e dopo il corso: ha lanciato il tuo raggio di luce su di me e mi sono accesa. Ora, finalmente, mi diverto davanti all’armadio! Per non parlare degli acquisti consapevoli in saldo..in un negozio ho dovuto spiegare alla proprietaria perché il verde militare della gonna non era in palette e non la compravo 🙂 Consiglio il suo corso a tutti, è stato come svegliarsi dal torpore di una vita!
Maria Luigia VenturaImpiegata Università IULM Milano
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Il corso di Anna? Un’ esperienza bellissima. Tre parole per descrivere Anna? Pazienza, fantasia e professionalità. Ho capito che quello che appare in superficie è solo la minima parte del suo lavoro certosino e appassionato di ogni giorno. Il corso è stata una vera e propria terapia: l’ho visto sul mio volto e su quello delle mie compagne di classe durante la giornata, l’ho sperimentato nei miei cambiamenti quotidiani dal giorno dopo. Il primo? Indossare quel paio di calze colorate che anelavo da tanto, farlo in una riunione di lavoro e sentirmi a posto con me stessa.
Michela PolesResponsabile Marketing Padova
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Ho contattato Anna per una consulenza personalizzata perché sentivo il bisogno di determinare un mio personale stile e di imparare a fare shopping in maniera corretta evitando dispendio di tempo, soldi e energie. Dopo un pomeriggio di acquisti, mai forzati ma solo da lei consigliati, sono tornata a casa con dei look completi che ora ho introdotto nel mio guardaroba e mi fanno da “base” per tutti i miei acquisti futuri. Ho imparato quali sono i miei colori valorizzanti e ho ricevuto consigli preziosi su trucco e acconciatura dei capelli e sull’uso degli accessori. Oltre ad avere un lavoro piuttosto rigoroso, ho anche un blog di cucina: con i suoi consigli sto ora cercando di lavorare anche su un personal branding che mi renda riconoscibile ma anche credibile in entrambi gli ambiti. Il documento riepilogativo coi look e con tutti i consigli di Anna è diventato il mio libro magico che consulto al bisogno e che mi ricorda che comprare bene è il primo passo per sentirsi bene e p… Read more
Lidia MatiazzoBancaria e blogger per http://www.thespicynote.itVicenza
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Al corso di Anna a Milano ho imparato che per vestirsi non serve (solo) istinto, gusto o quel je-ne-sais-quoi riservato a poche elette sempre fighe-senza-sforzo. Per vestirsi bisogna pensare: esercizio che richiede tempo ed energie, ma in cambio promette inaspettate vagonate di autostima. Senza incontrarla non avrei nemmeno potuto immaginare quanto profondo e “intimo” possa essere il nostro rapporto con lo stile.
Valeria RaimondiGiornalistaBusto Arsizio
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Nella mia attuale fase della vita ho la necessità di cambiamento. Quale migliore occasione per “fiorire”, dal momento che il cambiamento deve partire dal mio atteggiamento verso l’esterno? Ho deciso quindi di seguire il corso completo di Anna e con impegno ho stampato i quaderni dello stile, mi sono rimboccata le maniche e mi sono messa al lavoro.
Vista la mia passione per il mondo dei colori, sono partita subito dal modulo  “Il potere dei colori“ dove ne viene spiegato il messaggio comunicativo e vengono forniti gli aiuti per verificare quali colori ti donano di più. É cominciato quindi il mio viaggio nel progetto di stile personale. Sono passata poi al modulo “Trova il tuo stile”: e lezioni di Anna mi hanno guidato alla scoperta di quello che vorrei comunicare facendo percepire la mia autenticità. Ho ascoltato le indicazioni di come vestirmi per me stessa e come esprimere la mia unicità. La bellezza sta proprio nell’essere unici e di esprimere i propri tratti irripetibili,… Read more
Claudia PiccininiImpiegata Modena
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Francesca della Pietra
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Anna mi ha aiutata a ripensare il modo in cui mi vesto e mi presento e a trovare uno stile mio, coerente con la mia personalità e il mio ruolo. Non è stato necessario spendere migliaia di euro in capi o accessori costosi, anzi ho smesso di comprare cose che poi non avrei messo!
Alessandra FarabegoliWeb StrategistRavenna
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Ho cominciato a seguire Anna Turcato sui social grazie ad un’amica che aveva seguito un suo incontro. Mi ha colpito il fatto che al centro del suo lavoro non ci fossero i vestiti, gli accessori, o i brand, ma la persona, il suo modo di apparire, il messaggio che vuole comunicare. Ogni persona per lei è differente, ed è differente l’approccio e i consigli. La sua consulenza, anche se totalmente a distanza, mi ha fatto capire che non avevo bisogno di comperare nuovi capi, ma dovevo solo indossare meglio quello che già avevo. Mi ha aiutato a scoprire uno stile tutto mio, unico, che mi fa stare bene. Mi ha dato consigli sui colori, sul trucco, sui capelli, e mi ha indicato cosa evidenziare.Ora la mattina vestirsi è più facile, senza avere paura di essere inadeguata o di indossare capi che non rispecchiano la mia personalità.
Anna SpampinatoBancariaMessina
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Anna ha la capacità (immagino in parte data dall’esperienza e in parte da un’inclinazione personale) di mettersi nei panni della donna che ha di fronte ed indagare le ragioni del suo modo d’essere (quanto meno estetico).
Anna ci fare delle riflessioni (a volte scomode) su come ci presentiamo al mondo.
Quando con molto rispetto, ma anche con piglio deciso, durante la lezione mi ha fatto notare che per il battesimo di mio figlio avevo indossato dei vestiti che a mio avviso valgono zero, ha reso palese qualcosa che fino a quel momento non avevo razionalizzato e cioè che effettivamente in quel momento zero era il valore che attribuivo al mio aspetto.
Ora non più!
Anna rompe gli schemi e ci invita ad interrompere i circoli viziosi.
Anna ci insegna che anche la giornata la più grigia affrontata con un piglio diverso se l’immagine che ci rimanda lo specchio ci fa sorridere e sentire bene nei nostri panni;
Anna ha grande rispetto dell’individualità di ognuno e non si metti su un piedi… Read more
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