Anna Turcato

Image Consultant & Style Strategist

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La storia dell’abito da sposa: un viaggio nelle epoche!

Anna · 27 Maggio 2021 · Lascia un commento

Conosci la storia dell’ abito da sposa?

L’unione di due persone per la vita è stata celebrata in modo speciale dalla notte dei tempi.

Anche con l’abbigliamento.

Le spose dell’Antica Roma indossavano un velo color arancio perché quel colore era considerato portatore di buona sorte, per via della sua carica vitale e della sua luminosità.

E in effetti, come ti spiegavo anche qui, l’arancione è il colore dell’ottimismo e cosa c’è di più ottimista di dire “sì starò con te per tutta la vita?”.

L’usanza dell’abito bianco è molto più recente e deve la sua diffusione alla regina Vittoria d’Inghilterra che, per sposare il suo amatissimo Albert, decise di vestirsi di bianco: pura ed eterea come un angelo.

Era il 10 febbraio 1840 e Vittoria percorse la navata della cappella del St James Palace, per andare incontro al suo sposo, indossando questa mise:

Il suo abito era in raso di seta color crema con balze di pizzo sul colletto e sulle maniche, una sottoveste in crinolina e un lungo velo completato con una corona di mughetto come portafortuna e dagli immancabili gioielli della Corona.

Un vestito immortalato in ogni dove, anche dal pittore di corte Sir George Hayter.

Si parlò tantissimo di questa scelta compiuta dalla sovrana, anche perché fino a quel momento il bianco era considerato un vero e proprio porta sfortuna.

Le tonalità preferite dalle donne inglesi per il giorno delle nozze erano le sfumature del blu che, da allora, vennero utilizzate per i gioielli, come il famoso anello di Kate Middleton, ereditato da Diana.

Una delle tinte più in voga per le spose era un azzurro chiamato “color uovo di pettirosso”, un colore che adesso conoscerai con il nome di Tiffany.

La famosa azienda, nata nel 1837, si era infatti proprio specializzata in anelli di fidanzamento e per questo decise di brevettare questa sfumatura. 

Nel 1845 Charles Lewis Tiffany fece realizzare la copertina della prima edizione del Blue Book, una raccolta annuale di gioielli fatti a mano, in questa speciale variante del turchese.

Molte regnanti imitarono l’idea del bianco “sposata” da Vittoria, come la principessa Sissi per le sue nozze con l’Imperatore d’Austria, il 24 Aprile del 1854.

Da quel momento tutte le spose optarono per il bianco?

Non andò proprio così.

Era esiguo il numero di donne che poteva permettersi di acquistare un abito per utilizzarlo in una sola occasione.

Si indossava, certo, un vestito speciale per il giorno delle nozze ma la maggior parte delle persone non aveva la possibilità di “lasciarlo poi da parte” e con un vestito colorato di bianco questo sarebbe quasi sicuramente successo (anche perché sul bianco si notano molto di più i segni dell’usura e dello sporco).

Così fino alla metà del Novecento.

Anche le mie nonne, che si sono sposate entrambe nei primi anni ’50, indossavano un completo molto elegante per il loro matrimonio ma non bianco.

Eccole qui: la mia nonna Gina con il nonno Nello,

e la mia nonna Rita con il mio nonno Tarcisio.

Non sono stupendi?

ABITO DA SPOSA NELLA STORIA

Ogni capo d’abbigliamento parla del periodo in cui “ha vissuto” e ha accompagnato la persona che lo ha indossato e, per questo, osservando degli abiti da sposa d’epoca, ci basta ammirarne la foggia per fare un viaggio nella storia.

Quanti stili di “abito da sposa” si sono susseguiti degli anni?

Sei pronta a conoscerli tutti?

Magari potrai trovare ispirazione anche per il tuo wedding dress. In quale periodo storico ti rivedrai di più? Quale ti somiglierà?

ABITO DA SPOSA BELLE EPOQUE

Questa è “l’epoca bella” che va dalla fine dell’Ottocento, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale; il periodo  in cui non ci sono conflitti, l’arte e la scienza arrivano ai loro massimi livelli e c’è voglia di spiegare questo benessere con l’opulenza anche degli abiti (che vengono cambiati pure 10 volte al giorno come racconto qui).

La foggia più in voga per i vestiti delle donne è quella che viene chiamata con “figura ad S” perché “ricalca” la forma della lettera con un punto vita strettissimo e il seno e il sedere “spinti in avanti”.

L’ideale, secondo il periodo, per mettere in risalto la femminilità e anche per “modulare” il corpo con corsetti strettissimi che impedivano quasi il respiro.

E queste idee vengono riprese anche per l’abito da sposa. Attenzione, però, perché il bianco era “consentito” solo se non si erano superati i 25 anni!

I tessuti prediletti era gli eleganti damaschi, la preziosa seta, i rasi operati adornati di pizzo o da ricami floreali. Il velo veniva appoggiato su morbide acconciature ondulate e rigonfie arricchite da decorazioni e, ancora una volta, da fiori.

Siamo nell’epoca dello stile Liberty e anche l’abito da sposa lo racconta.

ABITO DA SPOSA VENTI

Negli anni Venti l’abito non può che accorciarsi!

Le donne, come spiego qui, hanno voglia di liberarsi dalle costrizioni, compreso il corsetto, e di scoprirsi.

Durante la guerra avevano preso il posto degli uomini, partiti per il fronte, nei luoghi di lavoro. E si erano rese conto che c’erano riuscite benissimo: era tempo di emanciparsi, era tempo di ballare al ritmo della propria indipendenza.

Mi sposo sì ma non rinuncio alla mia libertà come la mia amata Louise Brooks nel film “Il vaso di Pandora”, pellicola che come raccontavo in questo numero di PollyAnna ne consacrò la bellezza e la celebrità.

Gli accessori per il capo sono fondamentali per le spose del periodo. Capaci di donare fascino allo stile (e per questo chiamati fascinator) e di parlare della personalità di ognuna.

Per non dimenticare mai di mettere la propria testa pensante in primo piano!

E questo valeva sia per la sposa che per le damigelle.

E anche nei matrimoni meno pomposi, come quello tra Alfred Hitchcock e l’inseparabile Alma Reville che si sposarono a Londra il 2 dicembre 1926, il cappello era l’accessorio indispensabile, e andava scelto rigorosamente a “cloche” (a campana).

L’ideale accompagnare al meglio il volto e i capelli portati corti “alla maschietta” (garçonne), come ti spiego in questa lezione.

Senza dimenticare il trucco, atto non ad attrarre gli uomini ma per spiegare forte e chiaro, con la propria immagine, che, come affermava Helena Rubinstein: “la bellezza è potere“!

Un make-up carico sia sugli occhi che sulla bocca, meglio ancora se perfettamente coordinati tra loro come insegnava Elizabeth Arden.

ABITO DA SPOSA ANNI TRENTA

Ok la testa ma anche il corpo merita il suo spazio!

Lo aveva insegnato alle donne Madame Madeleine Vionnet, una delle mie “Ragazze Rivoluzionarie della Moda” che, come ti raccontavo anche qui, drappeggiava il tessuto sul corpo femminile per esaltarne la grazia con naturalezza e fascino.

Di questo periodo è lo splendido abito realizzato dalla casa di moda Mainbocher per una sposa molto particolare: Wallis Simpson che coronava il suo amore con il principe Edward d’Inghilterra, lo zio della regina Elisabetta, che per lei aveva abdicato al trono come ho raccontato qui.

Una donna unica e complicata e che, per questo, non era stata accettata come consorte regnante.

Quello con il suo amato Edward, avvenuto il 3 Giugno 1937, non era il primo matrimonio per Wallis e per questo decise di preferire una tinta diversa dal bianco.

In realtà, adesso lo sai, il colore del suo abito era proprio in un azzurro/blu tipico della tradizione nuziale inglese, splendidamente corredato da un cappellino realizzato niente meno che da Caroline Reboux, colei che aveva dato nuova vita al cappello a cloche (usato un tempo solo come copricapo per le “scampagnate estive” come racconto qui).

ABITO DA SPOSA ANNI QUARANTA

La seconda guerra mondiale stava per arrivare e bisognava “armarsi”!

Per questo Elsa Schiaparelli, una delle mie “Ragazze Rivoluzionarie della Moda ” preferite fece indossare alle donne le spalline, prendendole direttamente “in prestito permanente” dalle giacche militari, inventando quella che viene definita la “silhouette a grattacielo”.

Così le spalline era presenti anche nell’abito da sposa della futura Regina Elisabetta II che convolò a giuste nozze il 20 Novembre 1947, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, con l’amatissimo Filippo!

Un vestito meraviglioso il suo, disegnato da Norman Hartnell realizzato in seta color avorio, corredato da uno strascico di 4,6 metri e decorato con perle di fiume, strass, lillà, gelsomini, fiori a forma di stella, spighe di grano e rose di York.

Segreto: c’era un quadrifoglio nascosto nel corpetto come portafortuna!

Elemento fondamentale del wedding look regale era la tiara, appartenuta alla Queen Mary.

Capace di donare alla figura altezza, imponenza e sicurezza, proprio come avevano avuto bisogno di fare le donne durante il secondo conflitto mondiale, usando la pettinatura e gli  accessori come il turbante (come spiego qui.)

(tra l’altro pare che la tiara di Elisabetta si ruppe poco prima della cerimonia ma venne prontamente riparata, tanto da essere stata usata di recente per il matrimonio della nipote della regina: Beatrice di York).

Ecco il bozzetto originale dell’abito!

La leggenda vuole che lo stilista si fosse ispirato alla “Primavera” del Botticelli.

E le altre donne? In quel periodo in poche avevano la disponibilità economica per investire in un abito da sposa, tutto viene razionato anche il tessuto.

Per questo motivo durante la guerra poteva capitare che, se cadeva un paracadute in giardino, si decidesse di utilizzarne la stoffa, proprio per confezionarsi il vestito per il “grande giorno”.

Ti sembra strano? Pensa che in Inghilterra esisteva pure una legge atta a spiegare che “se il paracadute è nemico puoi usarne il tessuto, se è amico lo devi riportare alle autorità”.

A confermartelo ecco la foto della nonna di una di voi #fiorite con un bellissimo sorriso e con il suo abito realizzato con la stoffa di un paracadute.

Ma l’uscita della crisi era vicina e ce lo racconta uno dei vestiti da sposa più famosi della storia: quello sfoggiato da Linda Christian per il suo matrimonio con l’attore Tyron Power (sì sono i genitori di Romina Power).

A realizzarlo furono le Sorelle Fontana che gestivano una sartoria a Roma di cui Linda si era innamorata durante il soggiorno nella città eterna, per registrare una pellicola a Cinecittà, rendendo così celebre il Made in Italy in tutto il mondo.

E sarà proprio a Roma che il 28 gennaio del 1949 i due si uniranno in matrimonio in una cerimonia spettacolare, riportata su tutti i giornali e a cui l’Istituto Luce, come raccontavo qui, dedicò persino una diretta con interviste agli sposi, anche mentre si stavano preparando (dei veri e propri “influencer” ante litteram) .

Ogni dettaglio venne raccontato con dovizia di particolari, sia in merito all’outfit di lei che a quello di lui.

E tutti rimasero estasiati dallo strascico della sposa di 7 metri, ancora più lungo rispetto a quello della regina Elisabetta.

Si era pronti per lo splendore degli anni ’50.

ABITO DA SPOSA ANNI CINQUANTA

Evviva la femminilità, evviva le forme sinuose dell’abito a corolla proposto da Christian Dior con il “solo intento di rendere le donne più belle” (parole sue).

Punto vita enfatizzato, gonna ampia e un delicato pizzo: cosa c’è di più rappresentativo della moda del periodo rispetto al meraviglioso vestito scelto da Grace Kelly per il suo matrimonio con il principe Ranieri di Monaco il 19 Aprile 1956?

Un abito, ovviamente, principesco: 25 metri di taffetà di seta, 270 metri di pregiato pizzo Valenciennes, tre dozzine di sarte e sei settimane per completarlo.

Voluminoso nella parte bassa e accollato sopra con un corpetto caratterizzato da maniche di pizzo, colletto alla coreana e bottoncini centrali sul busto a suggerire pudore e una sofisticata eleganza.

Proprio come il velo che completa la mise: in tulle di seta orlato da trine e che scende da una calotta ricamata di perline.

I capelli erano stati rigorosamente acconciati all’indietro per lasciare libero il viso e far splendere la perfetta e ideale bellezza di Grace.

L’abito era stato studiato dalla costumista della MGM Helen Rose, che aveva già vestito la Kelly per il film “Alta società”.

I due sposi, d’altra parte,  si erano conosciuti proprio in occasione delle riprese di un film: “Caccia al Ladro” di Hitchcock, iniziando così il loro sogno d’amore.

E “principessa” era stata anche Jacqueline Bouvier, divenuta poi Kennedy il giorno delle sue nozze, il 12 settembre 1953, con il futuro presidente degli Stati Uniti.

Una cerimonia molto ammirata e perfetta in ogni dettaglio.

A partire dall’abito: semplice e superbo, al tempo stesso, e capace di esaltare la figura della donna con il corpetto stretto e lo scollo aperto sul davanti, così da mettere in risalto il collo da cigno di Jacqueline.

Non tutte in bianco negli anni ’50! Basta pensare a questo abito usato da Brigitte Bardot per convolare a nozze nel 1959 con Jacques Charrier.

Un vestito rosa con un romantico disegno Vichy!

Eh sì il bianco stava per venire a noia!

ABITO DA SPOSA ANNI SESSANTA

Negli anni ’60 sono le ragazze come la “ragazza rivoluzionaria della moda” Mary Quant, di cui ti ho parlato qui ,a prendere in mano la moda. Colorate e in minigonna, anche il giorno del matrimonio.

Come Audrey Hepburn che nel 1969 si sposava con Andrea Dotti.

Erano delle seconde nozze per Audrey che decise di abbandonare il bianco che non la rappresentava.

E poi gli abiti bianchi, fino a quel momento, le avevano portato solo sfortuna.

Il primo matrimonio era finito molto male. E poi c’era stata quella volta che nel 1952, dopo aver fatto realizzare un sontuoso abito da sposa alle Sorelle Fontana nella segretezza più totale (noti le finestre sbarrate per ripararsi dai paparazzi?),

il futuro marito, James Hanson, l’aveva lasciata di punto in bianco praticamente all’altare con il pretesto che “era troppo famosa”.

Molto meglio un abito rosa che si intonava perfettamente a lei e anche al suo incarnato.

Hai notato le scarpe basse scelte da Audrey Hepburn? Ecco spiegato bene il concetto di “rimanere sé stessa anche nel grande giorno”. Audrey amava le ballerine, come racconto anche qui, che le piacevano perché le consentivano di far sembrare i suoi piedi, che lei considerava troppo grandi, un po’ più piccoli (eh sì ognuna ha le sue paranoie anche lei!).

E poi si trattava delle calzature ideali da indossare con la minigonna e le calze chiare in pieno stile Sixties: Twiggy e i suoi colori pop insegnano.

Accessorio immancabile le scarpe argento che, come spiego qui, sono un’ottima idea per donare una sofisticata originalità agli abiti da sposa.

Anche la raffinata Jacqueline Kennedy negli anni ’60 scopre le gambe al matrimonio.

Lei che si risposa il 20 Ottobre 1968 con l’armatore Aristotele Onassis e si fa realizzare un abito niente meno che da Valentino Garavani di cui, come ho raccontato qui era amica e musa.

Un vestito che faceva parte della “Collezione Bianca“, ideata dallo stilista proprio nel 1968 e interamente tinta di questo colore; un abito che vedi indossato in questa foto anche da Marisa Berenson.

Modella e attrice icona del periodo che era nipote di Elsa Schiaparelli.

ABITO DA SPOSA ANNI SETTANTA

“Basta finzioni evviva la naturalezza!“, questo il motto degli anni ’70. Anche al matrimonio!

L’abito da sposa degli anni ’70 è un vestito leggero e libero pure nella scollatura!

Come quello indossato da Bianca Pérez-Mora Maciasquando quando, nel 1971, sposa Mick Jagger con un completo giacca e gonna lunga, “con niente sotto”.

Accessorio irrinunciabile il cappello bianco, meglio ancora se a larga tesa che, da quel momento, diventerà “di tendenza” per le spose.

Perfetto per volteggiare su un prato e ripararsi dai raggi del sole di una giornata all’aperto (o per suggerire questa atmosfera).

Cappello posato su capelli lasciati al naturale e senza acconciature elaborate.

A proposito di abiti da sposa anni Settanta, ecco quello della mia mamma che si è sposata con il mio papà nel 1979.

Un vestito dal tessuto morbido, dalle forme scivolate e con aspetto naturale ma prezioso, proprio come piace a lei.

A corredare il look collana e orecchini con le perle, per donare un tono sofisticato all’insieme ma senza strafare: una mise che le somiglia ancora oggi!

ABITO DA SPOSA ANNI OTTANTA

Si ritorna al volume, si ritorna alla struttura: tessuti cangianti, spalline ampie, strascico in una parola l’abito di Diana Spencer che sposò il figlio della Regina d’Inghilterra il 29 Luglio 1981.

Un vestito ricco e sfarzoso, disegnato dai coniugi Emmanuel (che poi si separarono) in collaborazione con la futura principessa.

Per valorizzare l’incarnato di Diana fu scelto un taffetà di seta color avorio, decorato da pizzo antico sulle spalle, sul corpetto e sulle maniche.

Un abito che venne aggiustato molte volte perché Diana, dalla prima all’ultima prova, perse 15 centimetri di girovita, tanto che il capo definitivo le fu letteralmente cucito addosso

Dettagli di stile: le slipper di raso e pizzo, decorate da 132 perline e 542 paillettes, con le iniziali degli sposi dipinte nella suola e un cuoricino tra la «C» di Charles e la «D» di Diana.

E lo strascico: provvisto di ben 7,26 metri che lo resero il più lungo di sempre!

Una cosa che nessuno si sarebbe aspettato era che l’abito si potesse spiegazzare così tanto (lo puoi notare nella foto), forse anche perché Diana nel tragitto in macchina lo aveva “pizzicato” con le mani per smaltire l’ansia, come ho raccontato qui.

Tutte copieranno lo stile di Diana e, da quel momento, le spalline volumetriche diventeranno di nuovo compagne inseparabili per il fatidico sì.

D’altra parte più volume, più tessuto, più accessori, significano una maggiore possibilità di farsi  notare: anche gli abiti da sposa, nell’epoca del power dressing, hanno lo scopo di non far passare inosservate.

Non ti preoccupare:  per reazione, si tornerà presto al minimalismo come insegna bene l’icona della moda anni ’90 Kate Moss (sposa nel 2011).

Quale “wedding look” storico ti ha colpita di più?

Quali saranno le prossime tendenze in fatto di abiti da sposa?

Ti svelo già cosa succederà dopo questo periodo di “fermo” alle cerimonie: gli eventi saranno meravigliosi e le spose vorranno esaudire tutti i loro desideri. Anche quelli più “esagerati”.

Ti sposi e vorresti avere dei consigli per scegliere l’outfit da matrimonio?

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E proposito di look da spose, puoi leggere qui il racconto del mio matrimonio d’inverno!

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Mi chiamo Anna Turcato, e da sempre uso la moda per esprimere me stessa.
Sono una image consultant e style strategist. Ho base a Venezia ma mi sposto, spesso e molto volentieri, in tutta Italia e lavoro tantissimo con e grazie alla rete. Leggi tutto…

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I miei Cinguettii

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Dicono di me

Ho avuto il privilegio di conoscere Anna sul  blog in cui pubblica articoli sempre interessanti e poi dal vivo ad un suo corso. Da sempre molto attenta ed esigente rispetto alla mia immagine, ho trovato in Anna un interlocutore che ha superato le aspettative: oltre ad essere una professionista  estremamente preparata, è molto generosa ed ha quel tocco di fantasia e creatività che la differenziano da tante altre colleghe. Bellissimo e divertente, poi, il suo  Made in Venice Tour, per vedere una città segreta ed inedita
Angela SantiHR Development Consultant, Formatrice e CoachBologna
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Ho conosciuto Anna in un momento di cambiamento. La recente gravidanza ed il nuovo lavoro avevano portato alla luce un armadio ormai inadeguato, che non mi rappresentava più. Ma ancor peggio io non sapevo più quale fosse la mia vera identità: la donna manager? La mamma? La sportiva? Anna è riuscita con estrema sensibilità a leggere tra le mie parole, facendo venire a galla i miei desideri più profondi e riunendo le mie diverse anime in un’unica e forte identità, con un suo stile. Mi ha aiutata a fare emergere la mia femminilità: le “cose da donna” non mi appaiono più come un frivolo passatempo, ma sono diventate un aspetto importante del mio comunicare. E alla mattina non perdo più minuti preziosi a guardare sconsolata il guardaroba: prepararmi per la giornata è diventato un gioco divertente, dove i colori e gli accessori cambiano a seconda delle sfide che dovrò affrontare…grazie al magico potere degli abbinamenti e al linguaggio dei colori! (cit. Anna Turcato) Lavorare con A… Read more
Nadia PanatoProject ManagerVicenza
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Imparare a valorizzarsi significa saper scegliere gli ingredienti giusti per una ricetta armoniosa e godibile, la tua preferita: Anna è riuscita a fare esattamente questo con me, suggerendomi abbinamenti di colori e di accessori a cui non avevo mai pensato. Pochi gesti, qualche acquisto non dispendioso hanno trasformato il mio guardaroba caotico in diversi outfit che rispecchiano me stessa e perfezionano la mia immagine professionale.
Mariachiara MonteraDigital Pr, Eventi e Food Writer Torino
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Dopo il corso di Anna è cambiato anche il mio approccio quando entro nei negozi. Mi sono accorta che adesso cerco in maniera consapevole quello che mi dona e “mi serve”. Anche l’approccio al mio guardaroba ora è diverso. Qualche amica notando un cambiamento dopo il corso mi ha detto “il corso ti ha fatto bene!”. Sì ne sono convinta, ho portato a casa non solo la palette colori e le sue preziosissime slide ma anche una migliore consapevolezza della direzione in cui muovermi e una spinta a tirare fuori un tocco di me, a non sentirmi inadeguata ad essere me stessa. Oltre alla bella occasione di confronto che continua nel gruppo su Facebook, creato da Anna dopo il corso.
Laura CrociResponsabile ufficio pubblicità e trafficoMilano
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Anna ha saputo trovare i colori e le forme giuste per farmi sentire sempre allegra e a mio agio anche nelle occasioni di lavoro in cui non posso rifugiarmi dentro al mio computer. La sua consulenza d’immagine non è superficiale ma indaga le motivazioni che ci spingono a scegliere (o non scegliere, nel mio caso) come vestirci e presentarci. Quello che vorremmo essere e raccontare e quello che siamo realmente, sempre con grande empatia e supporto. Un vero viaggio di scoperta e di crescita personale.
Veronica ContiniSeo Strategisthttp://veronicacontini.chSessa, Ticino
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Dopo il giro di assistenza shopping con Anna a Verona ho cambiato sguardo. Vestirsi non è più lo stesso, è un’esperienza più luminosa. Adesso rifletto di più e mi chiedo: “ma questo vestito, in azione…me lo vedo?” Porto con me la bella sensazione del pomeriggio con lei, la continua sorpresa nel vedermi diversa e bella, con i suoi consigli sinceri, anche con i miei nuovi chili in più. Eravamo probabilmente in mezzo alla folla, ma lei mi hai messa a mio agio e mi è sembrato fossimo sole. Dopo il giro, facendo tesoro dei suoi consigli, mi sono anche cimentata un po’ da sola negli acquisti o nel reinventare qualche capo del mio guardaroba tutto grigio e nero con una maglia e delle calze color ottanio. L’esperienza con lei è stata anche in certo modo d’esempio su come fare in negozio e non lasciarsi fare: adesso entro sicura e curiosa, mi diverto, senza temere e ascolto solo me. E quando le commesse sbagliano la taglia da darmi non mi faccio più abbindolare. Per fin… Read more
Chiara DelfiniServizi FormazioneMantova
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Già il giorno dopo il corso ero piena di energia e carica. Le cose che Anna ci ha insegnato al corso mi hanno emozionata. Lei è stata capace di trasmettere tutto il valore che c’è dietro una scelta stilistica. e soprattutto tanta positività. Anna è stata capace di far sorridere tutte le persone della stanza e secondo me questo va oltre anche alle competenze: il mondo ha tanto bisogno di felicità sotto tutti i punti di vista possibili! Ho eliminato dall’armadio gli accessori con i colori che non mi donavano e diviso gli abiti e le maglie in 2 gruppi quelli già “giusti” e quelli che hanno magari lo scollo sbagliato e devono essere valorizzati con le cose che Anna ci ha spiegato al corso, facendo questo ho trovato un paio di orecchini lunghi e gialli e non me li sono più tolti! I colori poi sono il mio pane, sono grafica e da 10 anni e più mi occupo di packaging che ha (o meglio aveva perché ultimamente regole non ce ne sono più) dei codici cromatici suoi, e realizzare come un colo… Read more
Irene GaleottiGrafica Bologna
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Seguire il corso di Anna e conoscerla è stato davvero un bel regalo! La trovavo già un’ottima comunicatrice sui social, discreta ma presente e soprattutto mai banale, e adesso la trovo ancor più brava a parlare in pubblico e gestire l’aula. Sebbene il mio ambito lavorativo sia del tutto diverso, il tema della comunicazione mi interessa molto ed è quello che mi sta guidando nelle mie scelte, per questo non posso fare a meno di farle i complimenti non solo per essere una brava professionista, ma per come sa comunicare il suo modo di esserlo. Poi che bello il momento delle stoffe colorate! Ti si apre un mondo!
Valentina NardoneMedical Affairs Intern Milano
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Dopo il sabato con Anna, guardo con occhi diversi gli abiti e le persone che li indossano. Una mattina complicata al lavoro, avevo i soliti pantaloni neri ma con i tacchi, borsa e basco rosso: un collega ha detto” come siamo toste oggi”..ho risposto “è esattamente il messaggio che volevo passasse”..e lui..”è passato”…:))) In molti hanno notato il cambiamento di marcia: non aspetto più per mettermi le cose più carine, ogni giorno posso dedicarmi un vezzo, qualcosa di brillante che illumini le giornate fredde. Adesso vestirsi è quasi un gioco per me e non posso che ringraziare Anna per questo!
Laura LupertoImpiegata Firenze
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Ho fatto il corso con Anna perché invitata da un’amica. È stato una vera sorpresa! Non è semplice descrivere ciò che accade durante un’esperienza del genere e ciò che lascia in seguito, perché si tratta di qualcosa di molto complesso e variegato. Anna è una vera professionista, preparata, precisa, attenta, sensibile; sa cogliere “l’anima” delle persone, anche se le conosce appena, e ha la capacità di dare dei consigli estremamente centrati e pertinenti. Al suo corso ci si emoziona, perché è come se ci guardassimo allo specchio per la prima volta e sulla sua superficie si vedesse riflessa la nostra anima. Comprendiamo che vestirsi non significa esibirsi ma raccontarsi, far vedere al mondo chi veramente siamo. Scopriamo che possiamo osare, che possiamo permetterci la libertà di indossare qualsiasi indumento che ci rappresenti e che ci trasmetta gioia e pienezza. Anna ci accompagna in un viaggio verso la consapevolezza di noi stesse, ci porta nel profondo, ma sempre con gioia, del… Read more
Alessandra CimatoribusIllustratrice Udine
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