Cosa pensi quando leggi o senti la parola retrò?
Ti sembra un sinonimo di vecchio?
Eppure il retrò è una cosa super moderna!
Parola di Charles Frederick Worth e di Christian Dior.
Charles Frederick Worth visse e lavorò nella metà dell’Ottocento: più retrò di così!
Worth viene considerato il primo grande couturier e inventò qualcosa di modernissimo: il personal brand.
Cosa si intende per personal brand?
Il nostro “marchio personale” e cioè tutte quelle caratteristiche che ci connotano come persona, anche dal punto di vista professionale.
Nel personal brand sono “contenuti” tutti i nostri valori e quelle peculiarità che ci rendono unici. E anche i motivi per cui dovremmo essere scelti.
Il nostro personal brand è strettamente legato alla nostra immagine perché questa può aiutarci ad esprimerlo, fin dalla prima impressione.
Come spiego in occasione dei miei corsi e durante gli eventi a cui vengo invitata come relatrice.
(e come ho scritto in questo libro a cui ho collaborato con un contributo).
Perché dico che fu Worth a inventarlo?
Lo stilista era convinto che la moda fosse ARTE!
La moda fino a quel momento era considerata un’attività legata all’azione pratica, alle necessità quotidiane (di coprirsi e di vestirsi appunto) e assolutamente non paragonabile alla pittura o alla scultura.
Secondo Worth la moda necessitava certo di manualità e di conoscenze tecniche ma anche di estro, creatività e genio.
Quelli che lui aveva e che gli consentivano di creare degli abiti meravigliosi, indossati da tutte le regnanti più in vista come la principessa Eugenia di Francia,
Elisabetta di Baviera (conosciuta come Sissi),
e la regina Vittoria d’Inghilterra, per cui Worth realizzò abiti anche in quel color malva che lei tanto amava e la cui storia ti ho raccontato qui.
Abiti di cui lui stesso decideva la foggia (pur nello stile del periodo), il colore e le decorazioni, senza che la sua cliente potesse o volesse profferire parola!
“Scelta? Certamente solo tra le mie varie proposte. E pochissime fanno anche questo, la maggior parte affida tutto a me. Il mio lavoro non consiste solo nella confezione ma soprattutto nell’ideazione. La mia inventiva è il segreto del mio successo”.
L’obiettivo di Worth era quello di accrescere la sua fama utilizzando i nomi delle personalità che si erano affidate a lui.
Ti ricorda qualcosa?
Come era arrivato a vestire le donne più influenti del mondo?
Grazie al passaparola sulla sua bravura e magnificenza e mandando la moglie alle feste in vista, come fanno adesso i brand con le influencer che “si fanno vedere” e vengono notate, insieme agli abiti che indossano.
Ti sembra una cosa “d’altri tempi”?
Tutto il contrario! Anzi Worth si può dire che diede il via all’influencer marketing!
Lui che creava non solo abiti ma opere d’arte. Opere d’arte che firmava.
“Come Manet firma i suoi quadri, così io posso firmare i miei vestiti“, affermava, infatti, Worth ed ecco perché perfezionò il concetto di etichetta da applicare ad ogni sua creazione e con il suo nome riportato sopra.
Opere d’arte che venivano mantenute segrete, sia per arginare i tentativi di plagio che per “rinfocolare” la popolarità del suo creatore.
Worth non concedeva, infatti, a tutti i giornali di pubblicare le foto dei suoi abiti ma solo a delle riviste specializzate e legate al mondo dell’arte come “l’Art et la Mode”.
E, su queste riviste, prestava anche molta attenzione a chi avrebbe indossato le “opere” a sua firma.
La sua “influencer” preferita era l’attrice Sarah Bernhardt, diva e divina che impersonificava l’arte stessa, sia con la sua bellezza che con la sua passione e la sua celebrità.
Worth fu capace di alimentare il suo “marchio personale”, usando tutti gli strumenti di comunicazione in suo possesso.
E curava il suo “mito” fin dal primo contatto con la cliente.
Per potersi fare un vestito dalla Maison Worth bisognava essere presentati e introdotti da qualcuno che era già cliente.
Una volta ottenuto il lasciapassare, veniva fissato un appuntamento “per la prima prova” come minimo dopo un mese: lo stilista era sempre impegnatissimo e c’era una lista d’attesa per poterlo incontrare.
Quando giungeva il giorno tanto sospirato per recarsi “in udienza” la cliente era accompagnata lungo un percorso prestabilito per poter ammirare anche il reparto “produzione, dove le sarte toccavano e maneggiavano stoffe ed elementi che sarebbero diventati fantastici vestiti. Così da iniziare ad avere “l’acquolina in bocca”.
Alla fine del percorso c’era una stanza dedicata in cui aspettare l’arrivo del couturier.
Un luogo magico, nella penombra e dove effluvi d’oriente solleticavano le narici.
Dopo un po’ di attesa, arrivava lui, Worth, vestito, manco a dirlo, da artista con un camice bianco, un paio di pantaloni sformati e un cappello da pittore.
Che, sedendosi sul divano, si limitava a dire: “Prego cammini davanti a me, si giri, torni indietro, ecco: l’ho vista, torni tra 8 giorni e troverà il vestito che farà per lei”.
La cliente muta e affascinata assentiva con il capo, curiosa di come Worth avrebbe saputo vestire la sua bellezza.
“Le donne che vengono da me vogliono chiedere la mia idea non eseguire la loro. Si affidano a me con fiducia e io decido per loro, questo le fa felici. Se dico loro che sono perfette non hanno bisogno di altre prove. La mia firma sul loro vestito è sufficiente”.
Era solito dire il grande stilista: un vero business man!
D’altra parte Worth creò la prima azienda di famiglia del settore e fu sempre lui a ideare anche un’altra cosa attualissima e cioè le sfilate di moda!
Quando, agli inizi, lavorava come commesso presso il reparto scialli dei grandi magazzini Gagelin decise, infatti, di far sfilare le sue colleghe con addosso gli scialli.
Così da mostrarli meglio alle clienti e incentivare, in questo modo, le vendite.
(sotto agli scialli c’erano dei semplici abiti da lui stesso realizzati e che gli fecero capire quale sarebbe stata la sua strada).
Se non è modernità questa!
Da Worth imparò molte cose un altro grandissimo “uomo di moda” e cioè Christian Dior che negli anni ’50 del ‘900 dovette tutta la sua fortuna alla sua fascinazione per lo stile retrò!
“That’s a New Look“: così esclamò la mitica Carmel Snow, fashion editor di Harper’s Bazaar, dopo aver assistito il 12 Febbraio 1947 alla prima sfilata della Maison Dior.
Uno stile che appariva “nuovo e diverso” rispetto a quello in voga negli anni ’20 ma che aveva moltissime ispirazioni del passato.
Un stile, appunto, retrò!
Dior, infatti, prese a piene mani dalle suggestioni del Settecento e dell’Ottocento e le trasformò in qualcosa di nuovo e potentissimo, allo stesso tempo.
Comprendendo una cosa che, al giorno d’oggi, è molto chiara: le idee vincenti risultano sempre moderne se non le hai mai sentite prima!
Così i suoi abiti a corolla, eleganti e leggeri come dei fiori, erano molto simili proprio a quelli proposti da Worth!
Studiati per esaltare le forme femminili e la naturale figura a clessidra, con il punto vita segnato, le spalle scoperte e le gonne ampie e voluminose.
Anche le “ambientazioni” scelte da Dior erano retrò!
Capaci di rispondere al desiderio di benessere e opulenza del periodo successivo alla seconda guerra mondiale.
C’era voglia di sognare, anche a costo di sacrificare un po’ di comodità.
Dior comprese benissimo questa esigenza e riprese dettagli retrò come, per esempio, la tournure:
Un cuscinetto posto sopra al sedere per conferire volumetria alla zona.
La tournure era stata ideata proprio da Worth, nell’Ottocento, per rendere più pratici i movimenti femminili; si trattava, infatti, di un ingombro minore rispetto a quello della “gabbia” di crinolina da mettere sotto alle gonne, pur mantenendo una certa “ampiezza desiderata”.
“È l’abito più stupefacente che io abbia mai indossato: non posso né camminare, né mangiare, né tantomeno sedermi”, dicevano le donne desiderose di dimostrare che non dovevano più affannarsi dietro alle incombenze quotidiane e alle difficoltà ma che potevano finalmente occuparsi di loro stesse, pure in modo frivolo se lo desideravano.
Lo avresti mai detto che Dior si era così tanto ispirato al passato?
Anche nel momento storico che stiamo vivendo le suggestioni retrò sono più moderne che mai!
Recuperate da giovani che, come ho scritto qui e qui, sono curiosi di un passato che non gli appartiene ma che desiderano conoscere.
Giovani che vengono affascinati da un mondo lontano e vicino allo stesso tempo, da cui farsi contaminare e da contaminare a loro volta.
Basta guardare le immagini dell’ultimo Festival di Coachella con look ispirati agli anni ’70,
nello stile libero e sinuoso.
Ma con tanti richiami anche ai più vicini anni ’90:
Il look precedente sfoggiato al Coachella non ti sembra del tutto uguale a quello che caratterizzava Sporty Spice?
E che dire delle mise “al maschile”?
Super moderne e fluide ma che, di nuovo e a ben guardarle, ricordano quelle del passato.
“The Rocky Horror Picture Show” 1975.
Damiano dei Måneskin 2022.
Ravvisi qualche somiglianza?
E ti sembrano forse retrò queste mise di Freddy Mercury?
Cosa affascina dello stile retrò?
La possibilità di scoprirsi e di conoscersi tramite le suggestioni che ci colpiscono e che, come spiegavo in questo post, ci parlano un po’ di noi.
Perché mi piacciono gli abiti a ruota degli anni ’50 e in che modo raccontano il mio spirito romantico e bon ton?
Come somigliano alla mia propensione di curare ogni dettaglio e alla mia voglia di esprimermi in modo sofisticato ma anche leggero?
Cosa suggerisce di me la mia fascinazione per i colori pop e sgargianti degli anni ’60? Forse il desiderio di uscire dagli schemi e di farmi notare per la mia “diversità”? Si accordano al mio spirito da “eterna ragazzina”?
In che modo fa per me lo stile naturale degli anni ’70? Magari racconta la mia capacità di essere sempre me stessa in tutte le situazioni? E parla della mia ricerca di libertà e comodità?
Una volta presa consapevolezza dei nostri desideri, ci sarà sempre il modo per intonarli a noi. Abbinandoli anche alle tendenze, come ti suggerisco qui.
Magari partendo da una giacca o da un paio di shorts.
Mica devi per forza indossare un total look retrò!
Puoi anche abbinare capi moderni ad elementi che si ispirano a look d’altri tempi in un insieme che corrisponda a tutte le tue sfaccettature!
Come nell’outfit che vedi sotto dove sono presenti: 1) un turbante anni ’40, 2) dei jeans a zampa in voga dalla fine degli anni ’60, 3) un chiodo in pelle che comincia ad essere utilizzato dai motociclisti negli anni ’50 con il nome di Perfecto (preso in prestito dagli aviatori che portavano questo tipo di giacca già negli anni Venti ) e che poi spopola negli anni ’70 e ’80 , 4) delle scarpe con cinturina a T indossate da tutte le ragazze degli anni Venti, 5) degli orecchini eleganti in stile anni ’30, 6) colori sgargianti come negli anni ’60; 7) una borsa con gli ananas super moderna ma che in realtà è un rimando alla prima borsetta.
Non ti sembra comunque super armonioso grazie al magico potere degli abbinamenti?
Temi che lo stile retrò anni ’50 non sia adatto al tuo fisico?
Magari perché ritieni le tue forme “troppo” skinny o, al contrario, eccessivamente piene?
Ricorda: tu vai bene esattamente come sei, non sei MAI troppo in NESSUN caso!
Si tratta solo di trovare gli alleati della TUA bellezza (come spiego anche qui) per farla fiorire in armonia!
Così, se desideri guadagnare un po’ di volume, potrai decidere di optare per dettagli come le ruches o per un tessuto corposo.
Se vuoi, invece, accompagnare la tua figura morbida con definizione preferirai uno scollo incrociato che accolga al meglio il tuo seno con la sua verticalità e valuterai con attenzione elementi come l’altezza del punto vita e l’apertura delle pieghe della gonna.
Osserva, a questo proposito, i tre abiti che vedi sotto, realizzati da Pia Ambrosin: lo stile retrò anni ’50 è il medesimo ma le interpretazioni sono diverse, a seconda della distribuzione delle fantasie e dei colori!
Quale starebbe meglio proprio a te?
Cosa vorresti illuminare? Impara a farti questa domanda invece di: “cosa desidero nascondere?” E scoprirai così le tue infinite possibilità!
Io sono sempre qui pronta ad aiutarti!
Cosa dovremmo imparare dallo stile retrò?
La cura e l’attenzione per i dettagli!
Me lo scrivete spesso: “le mie nonne erano bellissime in foto, vestite con pochi soldi ma con tanta grazia ed eleganza”.
Ed è esattamente così: le risorse erano limitate quindi si cercava di gestirle al meglio, destinando cura e attenzione agli abiti, perché “specchio” della gioia di indossarli in un momento speciale.
Quando è stata l’ultima volta che ti sei vestita con gioia e dedicando una attenzione particolare alla tua mise?
Perché non possiamo ispirarci a questo modo di intendere la moda, prendendoci lo spazio e il tempo che ci meritiamo?
È stata proprio la sensazione di cura e raffinatezza ad aver colpito Pia che, osservando le foto dei suoi avi, ha capito che la sua strada sarebbe stata quella di vestire le donne con eleganza e originalità.
Grazie alla sua passione per la moda retrò!
La storia di Pia è una storia molto bella ed è anche una storia di rinascita ecco perché ho deciso di raccontartela.
Ti presento Pia: ThinkDifferent Retro!
Perché ho deciso di intervistare Pia?
Ho incontrato per la prima volta Pia in occasione di un mio corso per imparare a fare il mio lavoro di consulente d’immagine (questo).
Una donna solare e sempre con il sorriso sulle labbra che, a quei tempi, gestiva un negozio di abbigliamento in quel di Padova.
Lezione dopo lezione, man mano che conoscevo davvero Pia mi sono resa conto della sua grande sensibilità e che, dietro a quel sorriso, si celava un animo profondo e delicato che aveva dovuto affrontare anche tante difficoltà e dolori.
La caratteristica di Pia che mi aveva davvero colpita era stata la sua voglia di fare e una forte determinazione a illuminare la sua vita e anche quella delle persone che si rivolgevano a lei in negozio; trattava i suoi clienti con attenzione e sincerità.
Quando, qualche anno dopo, mi ha contattata per raccontarmi la sua nuova attività sono rimasta molto colpita dalla sua scelta che ho trovato perfetta per lei.
Pia aveva, infatti, chiuso il negozio aprendo una linea di abbigliamento tutta sua dove dare spazio alla parte più romantica e anche un po’ retrò del suo animo.
Lei aveva già studiato molto per farlo, anche dal punto di vista tecnico come modellista, eppure non aveva mai avuto il coraggio di lanciarsi: la spinta le è venuta da un momento di crisi che lei ha saputo trasformare in un’opportunità.
Diventando così un esempio di crescita e di fioritura.
Pronta a conoscerla?
A: Cara Pia, parlaci un po’ di te e del tuo percorso
P: Sono una creativa fin da piccola. Disegnavo sempre, su qualsiasi cosa che mi capitava sotto mano, e nei miei disegni le bimbe avevano gli abiti come le principesse.
I guai per mia mamma iniziano quando arriva la bambola che tutte le bambine volevano e cioè la Barbie.
E così dai disegni sono passata a realizzare con pezzi di tessuto gli abiti da principessa. Ma non mi accontentavo di quello che mia mamma mi dava come scarti…..noooo io dovevo avere tessuti belli e così mi sono messa a tagliare quelli veri….di mia mamma, delle mie sorelle……non ti racconto in che guaio mi ero andata a cacciare!
Dopo un po’ di tempo mia madre scopre che nel mio paese tenevano un corso di taglio e cucito e senza pensarci un’attimo mi iscrive.
Siamo poco prima degli anni ’90.
Così mi sono diplomata due volte, la prima nella scuola d’arte e la seconda in sartoria.
Dopo il diploma ho lavorato come restauratrice per una decina d’anni tra Padova e Venezia, senza però abbandonare il disegno e la sartoria.
Oltre a lavorare, avevo un laboratorio d’arte dove poter dare sfogo alla mia creatività e nel 2003 la Città di Padova mi premia come giovane artigiana nel campo dei complementi di arredo.
Tra il lavoro e il laboratorio riesco comunque a ritagliarmi del tempo per creare ed insegnare, anche abiti, camicie, pantaloni, vestiti da sposa, ecc… sia per me che per le mie clienti.
Verso il 2010 però sopraggiunge una malattia che mi fa rivedere tutta la mia vita.
Insieme al mio compagno decido di lasciare il mondo del restauro e mi apro un negozio di abbigliamento nel cuore di Padova.
Esperienza bellissima che mi ha insegnato tantissimo ma…..con una lacuna.
E questa lacuna parzialmente me l’ha riempita Anna Turcato con il corso di Consulente di Immagine (parzialmente perché non si è mai finito di imparare!)
Da quel corso traggo molta ispirazione e comincio a prendere consapevolezza che quello che vendevo non mi apparteneva.
Ne parlo con qualche amica che mi dice: “ma tu che sai cucire, perché non crei una tua linea?”
Più facile dire, che fare!!!! Ma perché non provare?
E così i primi capi prendono vita nel 2018.
Sono camicie, pantaloni, gonne, abiti……ma non sono speciali…
Decido comunque di continuare a produrre di tutto un po’ anche l’anno successivo.
A fine del 2019 si comincia a parlare per la prima volta di Covid.
Nello stesso anno si ammala mia mamma.
A malincuore capisco che la situazione è critica e a metà del 2020 chiudo il negozio a Padova
A:Come è nato il tuo brand? Cosa ti affascina dello stile d’altri tempi, cosa significa per te?
P:É stato proprio nel lock-down che ho potuto mettere in ordine le idee.
Mi sono posta la domanda: “ ma come hanno fatto i nostri nonni ai loro tempi?” Come sono riusciti a sconfiggere il buio, la tristezza, la paura? Qual’è stato lo spirito per ricostruire tutto nuovamente?
Ho cominciato a fare domande a mia madre e a mio padre, per conoscere la storia.
Sono passata poi a guardare gli album di famiglia, scorrendo sempre più indietro nel tempo, fino ad arrivare ai bisnonni.
E da queste foto ho cominciato ad osservare che non solo quei volti ma anche gli abiti, le scarpe, le pettinature, le pose… sapevano di storia.
Quella storia fatta di persone comuni ma anche di personaggi noti.
(E sono stati questi personaggi noti a “ influenzare” la mia partenza, come Grace Kelly).
I miei avi erano stati a loro volta influenzati, infatti, dalle star del cinema, della musica, e di tutte quelle persone che portavano innovazione e con una grande voglia di ricominciare.
E allora perché non ripartire proprio da quel periodo come avevano fatto loro?
Ma con cosa?
Un giorno, mentre stavo guardando delle vecchie foto in bianco e nero con una lente di ingrandimento, osservo un particolare che mi rimane impresso: in tutte le foto si vedono le gambe delle donne.
Affianco a quelle in bianco e nero, nello stesso album, ce n’erano altre di foto, più recenti, dove tutte le donne erano in pantaloni…. compresa io.
Questo incrocio di foto mi fa riflettere e ne nasce una domanda: “quando mi sono disinnamorata degli abiti?”
“Perché non li porto così volentieri come faccio con i pantaloni?
Apro il mio armadio e osservo: i pochi abiti acquistati sono tutti in stile anni ’50. Avevo già quel pezzo di storia dentro il mio armadio.
A: Ci spieghi l’abbinamento di “differente e retrò” che c’è nel tuo marchio?
P: L’abbinamento è presto detto: Think Different risale al nome del negozio che avevo a Padova. In un secondo momento è stato aggiunto il Retrò.
Ma Think Different ha anche un significato ben più profondo perché fa parte del mio modo di pensare, fa parte di me.
Io sogno una rivoluzione del colore e della bellezza a cui andare incontro con gonne fruscianti, femminilità e autenticità.
Perché noi donne non dobbiamo mortificarci ma metterci in luce a con gioia e felicità, qualsiasi sia la nostra taglia!
Io ne sono convinta!
P: Quale è il tuo periodo storico preferito?
A. Quello degli anni ’50 indubbiamente ha creato un profondo legame anche per la storia dei miei nonni, ma credo che ogni periodo sia da tenere in considerazione per trarne ispirazione.
A: Come funziona il tuo lavoro? Crei una collezione? Ogni quanto?
P: Di solito seleziono una serie di modelli tratti da foto e da disegni di moda dell’epoca. Sviluppo quindi le varie taglie, ricerco i migliori tessuti italiani e realizzo i vestiti.
Seguo la stagionalità come fanno tutte le case di moda e quindi credo una collezione fatta di pochi pezzi e a volte di pezzi unici.
I pezzi unici sono dati da tessuti vintage che ricerco e che sono limitati dalla metratura. Mi piace l’idea di poter offrire alle mie clienti qualcosa che avranno solo loro!
La cliente può, con la mia guida, scegliere il tessuto e la fantasia che più le aggrada e la lunghezza dell’abito desiderato, tramite un incontro anche in videochiamata.
Possiamo personalizzare anche il colore: mi sento forte a dare consigli in questo senso proprio per i miei studi fatti con Anna.
Mi basterà vedere la cliente e/o ricevere delle foto per poter fare la mia analisi e offrire i miei suggerimenti!
A: Quali sono le tue ispirazioni?
P: La mia fonte di ispirazione è tratta dai motori di ricerca. Ho modo di fare il giro del mondo e valutare quali sono i modelli che possono divenire attuali per il nostro oggi perché li elaboro.
Io stessa indosso i modelli che realizzo per valutare le prestazioni.
Perché senza praticità non si va da nessuna parte!
La tua è una moda adatta a tutte le donne: se la cliente ha esigenze fisiche particolari come cerchi di aiutarla?
Le esigenze fisiche particolari sono facili da risolvere, basta comunicarmelo con un messaggio o ancora meglio con una videochiamata.
Ogni mia cliente può acquistare direttamente il suo abito “dei sogni” online oppure può contattarmi prima per una consulenza a distanza: mi basterà farle alcune domande, osservare delle sue foto e chiederle le sue misure (che le insegnerò come prendere) per suggerirle il modello e i dettagli più adatti a lei, dalla forma al colore. Fino al tessuto: un elemento importantissimo da valutare!
E poi le porte del mio atelier a Padova sono sempre aperte su appuntamento per passare qualche ora spensierata insieme!
Credo che questo rapporto di vicinanza con la cliente, di animo retrò, sia in realtà molto attuale e adatto a tutte le donne: sono pronta ad accoglierle e ad accompagnarle a sorridere a loro stesse e alla loro femminilità.
Io stessa ho lanciato delle sfide a Pia per andare incontro ai miei desideri.
Non avevo mai avuto un abito invernale con le maniche lunghe perché mi “stringevano” sempre un po’ sul mio braccio morbido (un mio cruccio, perché non è mai facile avere clemenza verso noi stesse).
Pia ha ascoltato questa esigenza, mi ha chiesto tutte le misure che le servivano, abbiamo selezionato insieme il tessuto con cui lei ha creato un vestito caldissimo e comodissimo che ho indossato anche in occasione delle recenti feste di Natale.
E il braccio non stringeva neanche un po’!
Lo stesso ha fatto con questo abito in denim:
Un tessuto difficile per le mie braccia che, però, Pia ha scovato e selezionato in una versione più confortevole, creando appositamente per me un vestito bellissimo.
Particolare, creativo e differente (proprio come piace a Pia) in tutti i suoi dettagli come l’interno della cintura, la fodera della gonna, delle tasche e delle manich etc; li puoi vedere tutti in questo video.
Fioriti al punto giusto!
Se vuoi conoscere meglio Pia e capire come indossare lo stile retrò anni ’50 nella tua quotidianità ascolta qui la diretta che abbiamo fatto insieme con tantissimi consigli intonati alla tua bellezza, alla tua fisicità e anche alla tua personalità.
Sì in diretta abbiamo risposto anche alla fatidica domanda “sono una donna a mela posso mettere i vestiti anni ’50?”. Spoiler: puoi indossare tutto quello che desideri, per conferire maggiore armonia al tuo aspetto presterai attenzione a dettagli come portare il punto vita più alto per accogliere il pancino e optare per uno scollo verticale che bilanci il tuo seno prosperoso.
Ti è venuta voglia di provare?
Per le Fiorite Pia ha pensato ad un trattamento speciale!
Se le scriverete presentandovi, appunto, come #fiorite ci sarà un buono di benvenuto pari ad uno sconto di 30 euro su ogni capo e, in più, se le chiederete una modifica (per esempio sul tipo di colletto o di maniche) Pia sarà felice di omaggiarla!
Vi aspetta qui sul suo sito e qui sul suo account Instagram.
La Storia della Moda è la tua passione?
Leggere questo e-book potrebbe essere una buonissima idea!
E questo corso di STORIA DELLA MODA farà sicuramente al caso tuo!
Qui trovi la puntata in cui ti racconto tutto sulla storia di Worth e qui ti parlo di Christian Dior e della sua magnifica favola, conclusa troppo presto.
Puoi acquistare ogni lezioneanche separatamente.
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