Perché Sanremo è Sanremo!
Sei pronta a seguire il Festival della musica italiana da stasera?
Lo ammetto: io un po’ lo snobbavo Sanremo, fino a quando non ne ho capito il valore.
E questo valore, per me, sta in ciò che ci svelano le scelte di stile che, negli anni, hanno calcato il palco dell’Ariston.
La moda racconta il mondo: di questo ne sono certa e, in alcune occasioni, lo fa ancora di più.
Come scrivo anche qui, una delle cose che trovo più interessanti nell’occuparmi di stile e abbigliamento è di poter capire, usando uno sguardo da cool hunter, sia le persone che la società in cui stiamo vivendo.
E questo avviene grazie all’osservazione di colori, forme, accessori e abbinamenti.
Perché negli anni ’20 del Novecento le donne accorciarono le loro gonne?
Avevano dovuto sostituire al lavoro gli uomini, occupati al fronte con la prima guerra mondiale, scoprendo in questo modo le gambe e la praticità.
Come mai negli anni ’80 del Novecento delle importanti spalline adornavano le giacche e si usavano colori accesi e che non passavano inosservati?
Era un modo perfetto per suggerire, con la propria immagine, una percezione di potere e forza.
I grandi eventi come Sanremo, dunque, possono diventare degli osservatori privilegiati!
Innanzitutto danno modo di vedere tante tendenze del momento “tutte insieme” e poi queste tendenze possono anche nascere per l’occasione e svelare qualcosa del futuro (di dove “tende” il mondo, appunto).
Ripercorriamo i look di Sanremo che hanno fatto la storia della kermesse e comprendiamo insieme cosa ci hanno suggerito sul cambiamento dello stile e dei costumi.
Look che sono iconici sia perché forniscono un’immagine (εἰκών -che si legge “eikon”- in greco significa proprio immagine) del periodo storico in cui sono stati indossati, sia per il fatto che hanno cambiato un immaginario, indicando uno sviluppo futuro.
Eccoli!
1) Le mille bolle blu di Mina – 1961
Più filologico di così si muore! Considerato anche il colore delle bolle.
Un abito a pois che racconta una moda ancora debitrice agli anni ’50 e alle idee di stile di Christian Dior.
Con il corsetto stretto, la gonna vaporosa che si fa corta, però, perché le donne oltre alle mille bolle blu iniziano ad anelare una rinnovata indipendenza.
2) Ma che freddo fa! (con le gambe scoperte) di Nada – 1969
In quell’anno Nada è la più giovane al Festival: ha 15 anni e porta sul palco un abito cortissimo con degli stivali alti e coordinati.
Le maniche ricoperte di margherite (adorabili!) sono il tocco di stile che rende questo outfit super interessante.
Un look che ha tutto il sapore della Swinging London e che avrebbe approvato anche Mary Quant.
Insomma: le ragazze lo hanno deciso, si prenderanno la moda e anche il Festival di Sanremo.
3)Un’emozione da poco (vestirsi come ti pare) di Anna Oxa -1978
Anna Oxa, in quell’anno, fa una cosa che nessuna donna aveva mai fatto prima sul palco di Sanremo: si veste con classici abiti maschili. A completare la mise un trucco occhi marcato e un po’ punk.
Non è discinta, non indossa nulla di provocante eppure il suo look fa clamore. Le donne non possono vestirsi da uomini nell’Italia di quel periodo.
O forse sì e lo dicono al Festival, mettendo un punto e svelando un cambiamento della società che la televisione non aveva ancora intercettato: il desiderio di sperimentare con la propria femminilità. Ognuna a modo suo!
4)Per una bambola (in Versace) di Patty Pravo – 1984
Un abito che è una messa in scena: quando Patty Pravo scende le celebri scale dell’Ariston, indossando questo vestito, la visione è già memorabile.
Un abito che, con la sua struttura, rende i movimenti delle gambe meno fluide e collabora a ricordare le geishe e i loro passetti minuti. La pettinatura alta e importante suggerisce imponenza.
A rendere l’insieme ancora più di impatto c’è un ventaglio, mosso ad arte a seguire le note della canzone.
Il vestito era stato disegnato per la cantante da Gianni Versace che, per l’occasione, si era “inventato” un tessuto: l’Oroton.
Una maglia metallica che offre definizione ma anche seduzione e accompagna a indossare potere e sensualità.
Perché “posso anche essere vestita da geisha ma mica significa che tu mi comandi”, affermano le donne negli anni ’80 e Versace era la persona ideale per intercettare il loro desiderio.
Andiamo a vedere dal vivo, e insieme, questo abito? È esposto a Palazzo Pitti e lo potremo ammirare e commentare in questa gita tra #fiorite che ho organizzato.
5)Gli uomini non cambiano (ma le donne sì) di Mia Martini -1991
Gli anni ’90 lo insegnano: si tratta di trovare la giusta misura. In questa mise di Mia Martini non c’è nulla di più e nulla di meno. Total white con una cravatta nera, portata a pelle nuda con grazia e sicurezza.
Attualissimo, vero? E, in effetti, come stiamo scoprendo in questo corso/percorso, anche nel periodo storico che stiamo vivendo è quanto mai necessario scoprire e vestire la “giusta misura”.
D’altra parte, Martini indossava una creazione di Giorgio Armani, il re dell’eleganza; re che non ha ancora mai perso la sua corona, perché in grado di intercettare e raccontare sempre il presente, pur rimanendo fedele a sé stesso (come spiego qui).
Ecco il segreto di una longevità che ha dimostrato anche in occasione delle ultime sfilate di Haute Couture moda.
(Ps: non vedo l’ora di commentare le recenti sfilate di haute couture in questo corso, ti piacerebbe farlo insieme? Sali a bordo!)
6 ) Senza pietà (in perizoma) di Anna Oxa – 1999
È uno degli outfit più memorabili di Sanremo ed è stato anche uno dei più discussi.
Non è poi così nude, in fondo lascia intravedere solo un po’ l’ombelico ma comunque una forte carica erotica.
È Tom Ford, all’epoca designer di Gucci, a disegnare il look della cantante. In quegli anni le grandi maison non erano così legate a Sanremo ma il carisma da “influencer” (diremmo oggi) di Anna Oxa convinse Ford.
Lo slip, “quello che c’è sotto” diventa da allora un indumento (tanto quanto pantaloni fluidi) e cambia la sua percezione.
Le donne iniziano, così, ad affermare: “gioco con la mia sensualità perché lo voglio e tu non devi volere nulla da me”.
7) Luce – Tramonti (ed essenzialità) a Nord Est di Elisa – 2001
Gli anni 2000 sono arrivati e lo stile lo spiega forte e chiaro: il minimalismo è “l’unica cosa che conta” (citazione della meravigliosa canzone che la cantante friulana ha portato a Sanremo).
T-shirt, pantaloni semplici e sneakers: tutto in bianco!
I giovani vogliono vestire la loro essenza e lo vogliono fare con forme lineari e colori puri che aiutano nell’introspezione e favoriscono lo sguardo verso il futuro.
Ai piedi delle sneakers perché le rivoluzioni che partono da una tabula rasa è meglio farle con comodità.
Ed ecco spiegato perché gli anni 2000 sono così in voga tra i giovani di oggi.
8) Me ne frego (ma non della moda) di Achille Lauro – 2020
L’alta moda torna in pompa magna al Festival e lo fa in piena pandemia grazie alla collaborazione tra Achille Lauro e Alessandro Michele, in quel periodo designer di Gucci.
Può piacere oppure no, ma Lauro (peraltro vero nome dell’artista) riesce, in quell’anno, a fare una cosa: portare la storia della moda sul palco dell’Ariston.
Con riferimenti alla Regina Elisabetta I, alla Marchesa Luisa Casati (di cui ti parlo qui) e a David Bowie.
Affermando, così, inoltre che l’ignoranza dei giovani in fatto di moda è un falso mito e che, anzi, la storia della moda affascina le nuove generazioni (lo confermo pure io che, quando posto contenuti storici, noto quanto vengono apprezzati anche dalle ragazze e dai ragazzi).
Inoltre Lauro lancia un seme e inizia a far capire una cosa: “è arrivata l’ora che anche lo stile maschile diventi protagonista a Sanremo!“.
Ed, ecco, che si fa ancora più interessante il riferimento a David Bowie.
Era stato il cantante inglese, negli anni ’70, a dare il via alla trasformazione della moda maschile, con uno stile alieno (come alieno era il suo personaggio “Ziggy Stardust”) che superava ogni etichetta anche di genere.
Secondo me il look di Bowie starebbe benissimo anche addosso a Damiano David.
9) Brividi (di stile) Blanco – 2022
Un completo bianco, con corpetto trasparente e ricami, è il giovane Blanco a indossare questo look che avrebbe potuto mettere anche una sua collega.
Al Festival di Sanremo è ormai conclamato: è tempo di giocare con i generi e di dire “basta” da parte degli uomini alla “grande rinuncia alla moda”, di cui vi avevo parlato qui, con cui, nell’Ottocento, erano state definite le regole dello stile maschile (le stesse per centinaia di anni).
Regole a cui i giovani ragazzi non intendono più piegarsi.
E, quindi, via libera a trasparenze, fiori, colori e divertimento leggero.
10) Tuta Gold (o forse nera) di Mahmood – 2024
L’outfit di Mahmood è decisamente rappresentazione dello stile maschile contemporaneo ed è previsione di come si vestiranno gli uomini in un futuro prossimo.
Bowie doveva scioccare per innescare e suggerire il cambiamento e Vivienne Westwood, che a lui si ispirò per tingersi i capelli di biondo (te lo racconto qui), sarebbe stata d’accordo; Westwood (come puoi leggere qui) creò il punk, proprio per eliminare tutto quello che era stato, al fine di ricostruire qualcosa di nuovo.
Questo è il momento per lo stile maschile di costruire, ancora meglio se con uno stile elegante e affascinante, davvero senza genere e ricco di riferimenti che raccontano il periodo storico che stiamo vivendo.
Come il mono-spalla che suggerisce il desiderio delle persone (che le tendenze sanno intercettare perfettamente ,come stiamo capendo qui) di esplorare nuove dimensioni e di farlo con grazia e forza insieme.
E in quei 20 anni?
Eh sì non vi ho segnalato look memorabili nei primi anni 2000. Il motivo è presto detto: i cantanti si vestivano così:
(Anche noi ci vestivamo così eh).
In una parola “male”. Un male che, però, ha raccontato un periodo storico di rielaborazione.
Rielaborazione riguardo alla “tabula rasa” di cui scrivevo sopra: per trovare un nuovo centro, è necessario smettere di fare quello che si è sempre fatto e provare cose nuove.
E i nuovi esperimenti possono anche non essere sempre ben riusciti.
(capisco da questa foto perché mi hanno sempre detto che assomiglio a Carmen Consoli).
Rielaborazione che riguardava pure il rapporto con la moda (o meglio con l’alta moda, lontana per anni dal Festival) e da cui il fashion system forse non è ancora uscito e che bene viene rappresentata dall’ascesa (e poi dalla caduta) di Chiara Ferragni come fenomeno, inizialmente disruptive (ai tempi del suo blog “Blonde Salad”, Ferragni era l’unica non addetta ai lavori a presenziare alle sfilate), poi conformato e infine fagocitato.
Intendiamoci, però, a Sanremo ci sono stati tanti dei bei look tra il 2000 e il 2020.
Come Alessandra Mastronardi, nel 2017, in Chanel (che se anche non avessi scritto che era Chanel si sarebbe capito benissimo ed è questo il grande pregio della maison e anche il motivo della sua lunga storia).
Nina Zilli in Vivienne Westwood, nel 2018.
O Elodie in Versace nel 2020.
O ancora questo look floreale, disegnato da Moschino e indossato da Michelle Hunziker a Sanremo nel 2018, in perfetto tema con il festival.
E tanti tanti altri…
Tutti bei look, tutti look “firmati” ma che non hanno cambiato l’immaginario.
Cosa che invece hanno fatto i 10 della nostra “top ten”.
A proposito di “firma” e di scelte interessanti, avevo molto apprezzato la decisione di Luciana Litizzetto di indossare per ogni serata della kermesse sanremese (di cui è stata a co-conduttrice nel 2013) degli abiti creati per lei da brand emergenti; marchi e stilisti a cui la comica intendeva dare una luce (e una notorietà) che altrimenti non avrebbero avuto.
Credo che potrebbe essere un’idea da replicare, soprattutto in questi tempi in cui tanto “va di moda” la sostenibilità (sperando che non sia, appunto, solo una moda).
In ogni caso…
quando un look funziona?
Al di là delle preferenze, il vero segreto per un look che funziona, in ogni occasione e pure a Sanremo, è solo uno: indossare chi siamo con coerenza.
La moda parla di noi e lo fa ogni volta in cui ci presentiamo e la vera buona pratica è sempre quella di scegliere capi e accessori in cui riconosciamo. Perché poi si vede, si nota, se il matrimonio tra noi e gli abiti che abbiamo addosso è ben riuscito, se ci sono accordo e armonia.
A proposito di matrimonio, questa è una cosa che suggerisco anche quando si sta cercando il proprio wedding-dress. Pure in quell’occasione la prima domanda da porsi per orientarsi nella scelta è: “con questo abito indosso me stessa?”.
Se vestiamo qualcosa (e qualcuno) che non siamo perché, magari, pensiamo che lo dovremmo essere (essere raffinate o sensuali o “moderate”…) il risultato è sempre una mancata sinfonia.
Maestra di coerenza Fiorella Mannoia. Qui, nel 2017, con uno splendido vestito bordeaux, perfettamente nel suo stile.
Coerente anche Loredana Bertè che arrivò sul palco di Sanremo del 1986 con il pancione costruito dentro ad un abito che aveva ideato per lei Gianni Versace. «Un costume pazzesco con cui volevo dimostrare che una donna quando è incinta non è malata ma è ancora più forte!», afferma la cantante.
Bertè che, 40 anni dopo, ha ancora lo stesso stile ed è “pazza di sé!” e delle sue belle gambe, rigorosamente in vista.
Perché Versace?
Hai notato un legame particolare tra il Festival di Sanremo e Versace? Gianni Versace, come racconto qui, diventò uno stilista perché voleva vestire le dive e rendere ogni donna divina.
Il suo obiettivo era che chi avesse indossato un vestito firmato da lui “semplicemente” diventasse la persona più osservata, ammirata, forte e stupenda di ogni situazione.
Direi che il connubio tra Versace e Sanremo ci sta perfettamente!
(e adesso forse hai anche un po’ più chiaro il motivo per cui Diana Spencer iniziò a vestire Versace come “vessillo”, dopo la sua separazione dall’attuale re Carlo d’Inghilterra).
E tu quali sono stati i tuoi look preferiti di Sanremo?
Quali ti hanno fatto dire: “sì lo metterei anche io”?
Ecco un’altra cosa interessante che può avvenire osservando i look del Festival: possiamo conoscerci un po’ di più e, di conseguenza, conoscere un po’ di più il nostro stile.
Eh sì perché, magari, non ci vestiremo in ufficio esattamente con l’abito da sera che abbiamo ammirato su quella cantante (o quel cantante) ma possiamo identificare ciò che ci è piaciuto (e che parla di noi) e replicarne l’essenza.
Per esempio, uno dei look che sono rimasti più impressi nella mia memoria (e che metterei) è questo di Noemi del 2022.
Un vestito firmato da Alberta Ferretti che ha fatto molto discutere le armocromiste (era in palette o non era in palette, questa l’annosa questione di cui avevo parlato qui), secondo me semplicemente delizioso ed etereo.
Ed ecco come mi si accorda: con quella levità romantica e libera che mi piace indossare.
Nello stesso anno ho trovato molto interessante anche questo abbinamento di Drusilla Foer (di cui avevo scritto qui): un inusuale accordo di rosa e rosso a combinare determinazione ed empatia (ma pure originalità).
Tutti aggettivi che sento molto affini.
E tu?
C’è qualche look che ti ha colpita particolarmente e che ricordi in modo speciale?
Sono curiosa di saperlo perché mi parlerà di te e di quale è (ma anche di quale potrebbe essere) il tuo stile.
Sei pronta ai look di Saremo 2025?
Io sono pronta a commentarli con te!
Se fai parte del Gruppo Margherita e/o stai seguendo il percorso per “Imparare a leggere le tendenze“, da domani ti arriverà ogni giorno una mail con un mio commento ai look del Festival (e a fine Sanremo ci sarà una lezione speciale a tema).
Come sempre, i miei non saranno giudizi e critiche sterili ma vi guiderò in un viaggio in cui capiremo cosa diranno i look di Sanremo 2025 della moda che è e della moda che sarà (e dunque della società che è e della società che sarà).
Inoltre vi accompagnerò anche a identificare le caratteristiche degli outfit di Sanremo che si intoneranno a voi e vi darò dei suggerimenti su come prendere ispirazione nella vostra vita quotidiana.
Puoi ancora iscriverti da qui e qui, se ti interessa!
In ogni caso: buone osservazioni sanremesi!
(grazie a questo post mi sono ricordata che Carmen Consoli ha presentato al Festival di Sanremo questa canzone, quanto mi piace!- ps: mica male la camicia dorata, ma pure il pantalone qui e il make-up davvero attuale!- anche se io mi sono innamorata di lei con questo pezzo, sempre portato a Sanremo).
Tua,
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