Ho proprio voglia di andare ad un concerto.
Quante volte ho detto questa frase.
Ho sempre amato la musica e, complici le influenze paterne, mi sono orientata verso la musica rock.
Per molti anni ho passato ogni singolo sabato sera a ballare nella stessa discoteca fumosa (lo so questo racconta la mia età) e rigorosamente interrata, alla luce fioca di qualche neon.
“Dai che mettono Personal Jesus”
“Secondo me adesso tocca a Boys don’t Cry”
e prima di andare via:
“Aspettiamo ancora l’ultima, sono certa che sarà Bigmouth Strikes Again”.
Ricordo con precisione il piacere di muovere il mio corpo al ritmo della musica, allontanare i pensieri e concentrami sul momento.
Forse, quelle serate passate a ballare, sono state una delle poche occasioni in cui, nella mia vita, sono riuscita ad apprezzare davvero il qui e ora.
Devi inoltre sapere che dentro di me alberga un animo da groupie e nella mia storia sentimentale ho avuto fidanzati chitarristi, cantanti, bassisti, batteristi, persino uno, che in verità con scarso successo, suonava le tastiere.
Quanto mi piaceva l’idea di diventare la ragazza del front man di un gruppo famoso, quella che lui, finita l’esibizione, andava a baciare con l’invidia di tutte le altre.
Che poi i miei fidanzati abbiano suonato al massimo alla Sagra della Porchetta, i baci appassionati post concerto non ci fossero quasi mai (dopo aver suonato sono sempre sudatissimi) e non esistesse nemmeno l’ombra di donne pronte a sospirare di fronte alle nostre effusioni, poco importa.
Si sa: è l’idea quella che conta.
Di concerti ne ho visti tanti e mi sono mossa, con amici e ragazzi, in tutta Italia e, in qualche occasione, anche all’estero.
Ho assistito alle performance di qualche gruppo noto e di molti altri meno noti (in alcuni casi mi viene il sospetto che si fossero formati solo per il concerto). E mi sono sempre divertita tantissimo.
Sono stata in stadi, palazzetti e molto più spesso in locali bui e piccolissimi o centri sociali.
Uno dei primi appuntamenti con mio marito è avvenuto proprio in un centro sociale, nella Venezia industriale, a vedere i Marlene Kuntz (ho sempre avuto un debole per Cristiano Godano, il loro cantante, te lo ho detto che ho quell’animo da groupie lì).
A quell’appuntamento io mi ero presentata con una gonna, in pizzo, rosa.
Sì perché, nonostante frequentassi posti rock, indie, dark, new wave e tutte le altre etichette che vuoi appiccicarci io mi sono sempre vestita “da Anna” e ti confesso che, in alcune occasioni, mi sono sentita anche a disagio per questo.
Avevo anche io le Doctor Martens (le scarpe più scomode del mondo) ma le abbinavo con la gonna fru fru. Mi vestivo anche io di nero (eh lo so è una notizia, ecco, tieni i sali) ma non mi sentivo mai completamente me stessa.
Per molto tempo sono stata davvero insicura riguardo al mio corpo, mi vergognavo delle mie smagliature, del mio fisico robusto, e per sopperire all’imbarazzo, a volte, mi vestivo anche “troppo”.
Ricordo concerti in piedi con un mio fidanzato, quello che non mi consentiva di mettere i pantaloni perché avevo le cosce troppo grosse, per partecipare ai quali mettevo tacchi alti e scomodi; volevo essere più bella, perdendomi così la possibilità di godere della musica a pieno (non riesci bene a ballare, dopo un po’ ti fanno male i piedi e finisce che pensi solo al tuo dolore e alla tua stupidità, invece che al concerto).
Per fortuna che poi qualche cosa in più la ho capita.
Per fortuna che ho capito che la tua immagine funziona se parla di te , non se è perfetta.
Negli ultimi anni ho visto meno concerti, se non di qualche cantante, gruppo o musicista davvero imperdibile.
Un po’ mi sono concentrata tanto, forse troppo, sul lavoro, un po’ sono invecchiata.
Mi mancava però la mia dimensione musicale e così, nell’ultimo periodo, mi sono imposta di andare a più concerti.
La scorsa settimana ne ho visti addirittura due a distanza di due giorni: i Depeche Mode il martedì e Battiato il giovedì.
Amo molto la musica e i testi di Battiato: sono l’accompagnamento di molte mie giornate e mi fanno fare sempre nuove riflessioni.
Ho visto Battiato live 4 volte ma mai con mio marito e, considerato che una sua canzone è la nostra canzone (no non è La Cura – indovina dai!) era doveroso andare insieme. Il suo però è un concerto da seduti (se non nell’ultima parte in cui sfodera grandi classici del repertorio anni 80).
Pure lui ormai canta seduto,
e l’atmosfera era diversa rispetto al concerto dei Depeche Mode.
I Depeche erano a San Siro allo stadio, uno stadio pieno, e grazie a quel concerto sono tornata indietro di molto tempo, sono tornata agli anni danzerecci, quelli in cui alle prime note di una loro canzone (la indovino con una!) io e la mia amica Silvia scattavamo in piedi, pronte a trovare il nostro posticino sulla pista.
Al concerto dei Depeche Mode mi sono accorta di quanto sono cambiata, di quanto sono sempre la stessa e di quanto sono felice della mia crescita.
E questo processo di crescita me lo hanno raccontato i miei vestiti.
Non ho avuto dubbi su come vestirmi per andare al concerto dei Depeche Mode:
-non sono andata in paranoia perché tutti sarebbero stati vestiti da “concerto allo stadio”, con i pantaloncini corti o i jeans e la maglietta, ed io invece no;
-non ho pensato di omologarmi nel look, per sentirmi come gli altri;
-non ho neanche pensato che, solo indossando qualcosa di nuovo ed elegante, mi sarei vista bella, sopperendo, con il fascino per la bellezza del capo, alla poca clemenza verso il mio aspetto.
Ho indossato una gonna rosa con i limoni fatta da una artigiana, lei, e comprata ad un mercatino, una maglia bianca, semplice, acquistata da H&M, una collana che ho preso da Tulimami e di cui ho deciso io la combinazione dei colori, un cerchietto giallo e degli orecchini bianchi con Parigi disegnata, trovati in un negozio nascosto di Venezia, bracciali in tono di cui uno vintage anni 60 (quello giallo) e ai piedi delle comode Birkenstock, perché non sapevamo quante ore saremmo stati in piedi ai cancelli, ma rosa.
(sì la scarpa arancione è di mio marito, spesso ci ritroviamo vestiti abbinati, prima di uscire, senza averlo concordato e la cosa mi piace proprio tanto).
Ho espletato riti, fino a poco tempo fa familiari, come il panino preso dal baracchino prima del concerto e la fila per i bagni chimici.
Ho ballato, senza il minimo dolore ai piedi, mi sono divertita e ho avuto l’agio di osservare le persone intorno a me, sorridendo molto davanti agli urletti delle groupie over 40, innamorate di Dave Gahan, esattamente come lo erano a vent’anni.
Mi sono goduta il concerto e mi sono sentita me stessa per tutto il tempo.
I vestiti che indossavo a quel concerto mi parlavano di me, della mia parte più intima ma anche di tutti i miei cambiamenti.
Io che non avrei mai pensato di mettere un paio di Birkenstock, io che sono diventata grande e so che essere scomodi ti fa perdere il momento, io che i sandali li ho comprati rosa perché il rosa è da sempre uno dei colori che più mi racconta e perché poi posso abbinarlo così, con lo smalto bicolore e in tono con la fantasia del mio vestito.
Io che sono cresciuta e i miei vestiti lo dimostrano.
Io che non sono mai soddisfatta ma forse è proprio vero che:
“All I ever wanted, all I ever needed is here in my arms”.
E a te, è mai successo di ritrovarti in una situazione che ti era familiare “da giovane” e scoprire i tuoi cambiamenti, grazie al tuo diverso modo di affrontarla?
Che vestito avevano questi cambiamenti?
(qui Enjoy The Silence dei Depeche Mode, brano da cui è tratta la citazione sopra)
(qui la compilation di Ludovico Einaudi che ascoltavo quando ho scritto questo post)
M di MS dice
Che bella newsletter oggi!
Daniela Zanette dice
Bellissimo questo post. La musica dei nostri idoli è anche quella del cuore che batte al suo ritmo gioioso o nostalgico, rock e innamorato. Io sono stata a pochissimi concerti perché la folla, lo stadio ecc. mi getta nel panico. Tuttavia i pochi a cui ho partecipato mi hanno sempre emozionata moltissimo – prediligo decisamente quelli a teatro. E si… non parlarmi della paranoia jeans/ cosciotti…
patrizia dice
E’ sempre interessante piacevole leggerti Anna….si scoprono tante cose e si riflette….le Birkenstock rosa ( o altro colore) sotto il vestivo le trovo molto interessanti!!! Perché pure io cerco a volte la comodità abbinato ad un vestito o una gonna senza scadere nel cattivo gusto o nella grossolanità ( e si….sono purtroppo perfettina e un po vanitosetta ….pasienza !!! Crescerò) e non sono mai stata capace di trovarle. Pensa che acquistavo i sandali da montagna che naturalmente mettevo sotto i jeans ed anche così mi vergognavo…li trovavo sgraziati?? ciao cara Anna grazie per le tue news.buona giornata patrizia leggeri