Hai mai sentito nominare Elsa Schiaparelli?
È vissuta nello stesso periodo di Coco Chanel e di Madeleine Vionnet ed è stata una bambina ribelle.
Elsa fin da piccola voleva essere ricordata, fare qualcosa di grande, qualcosa che le altre donne non avevano mai fatto.
Molto giovane scrisse un libretto di poesie che intitolò Arethusa e dedicò “a chi amo, a chi mi ama, a chi mi fece soffrire”.
Le sue poesie erano libere, sensuali, fuori da tutto quello che ci si sarebbe aspettato da una ragazza di buona famiglia come lei e, proprio a seguito dei suoi versi, fu spedita dai genitori in un collegio in Svizzera a calmare i bollenti spiriti.
Che, manco a dirlo, non si calmarono per nulla.
Elsa amava la diversità e tutto quello che usciva dalle righe degli spartiti già scritti e non individuò da subito nella moda il mezzo con cui avrebbe espresso tutta la sua creatività.
Elsa era attratta dall’arte a tutto tondo e, trasferitasi prima a Londra, poi a New York e infine Parigi, tra i suoi più cari amici annoverava Salvador Dalì, Man Ray, Duchamp, Jacques-Yves Cousteau.
Lei e Coco Chanel frequentavano lo stesso mondo e le stesse persone.
Però mentre la “fu Gabrielle Chanel” provava nei confronti degli artisti una sorta di reverenza e senso di inferiorità, a causa delle sue umili origini (che sempre tentava di nascondere e per questo non le riuscì mai di scrivere una autobiografia) Elsa li trattava da pari a pari e se era il caso anche a pesci in faccia.
Per questo le due non diventarono mai amiche.
Chanel definiva Schiaparelli “quell’italiana che fa vestiti” e disprezzava la sua fascinazione per Paul Poiret, eppure entrambe si approcciarono alla moda quasi per un senso di necessità e prive della competenza della coetanea Vionnet.
Sia Coco che Elsa erano attratte dal concetto di liberazione del corpo femminile, fino a quel momento concessa solo in occasioni come le performance teatrali e/o di danza, la villeggiatura e lo sport.
(Lo sapevi, per esempio, che a fine secolo, per legge, i pantaloni in Francia erano consentiti alle donne solo per andare in bicicletta?)
Non a caso Coco Chanel iniziò la sua carriera proprio in una località di mare e Elsa Schiaparelli aprendo un negozio di abiti sportivi (costumi, abiti per il tennis e tute da sci).
Per Chanel però la liberazione delle vesti non era qualcosa di provocatorio ma una necessità pratica di una donna che doveva provvedere al suo benessere, lavorando, e aveva bisogno di vesti durature e che rendessero agevoli i movimenti.
Elsa Schiaparelli invece, fin da subito, riconobbe nella moda uno strumento di comunicazione.
Un veicolo artistico che, come affermavano i futuristi, fosse in grado non solo di adattarsi alle azioni del suo fisico ma di corrispondere anche a quelle della sua mente.
Vestirsi per lei era un modo per spiegare fin da subito la sua visione del mondo.
Attraverso i vestiti dipingeva le proprie idee e metteva in vista, con chiarezza, la sua personalità.
L’unico vestito che resiste è quello della libertà, prima di tutto di pensiero.
Elsa Schiaparelli aveva capito che come mi vesto invia un messaggio a chi mi osserva.
Vestirsi è un progetto culturale che muta a seconda dei miei propositi.
Chi lo ha detto che se un oggetto ha la forma di una scarpa io per forza me lo devo mettere ai piedi?
Il significato delle cose non è forse dato dalle convenzioni cui siamo abituati?
Io se voglio posso sfidare queste convenzioni e mettere, invece che ai piedi, una scarpa in testa rendendola così un cappello.
“I bottoni sono noiosi a meno che non vengano trasformati in piccole sculture.”
E se non voglio i bottoni posso indossare le zip anche come elemento decorativo (zip che i francesi a lungo chiamarono proprio Schiap).
Sta per arrivare una seconda guerra mondiale?
Applico le spalline dei militari al fronte sul mio tailleur che diventa solido come un grattacielo.
Tutto può essere di ispirazione anche gli insetti o i cappelli di carta con cui le donne a Copenaghen si riparano la testa al mercato del pesce.
Il rosa è un colore delicato, femminile, porta empatia, rende più morbido il mio messaggio.
E se io voglio conservare la mia femminilità ma raccontare anche il mio carattere forte?
Beh chi può fermarmi dall’inventare un colore che non c’è?
E a proposito di colori Elsa Schiaparelli diceva:
“Il novanta per cento delle persone ha paura di essere appariscenti e di quello che dice la gente, così compra un abito grigio. Dovrebbero osare ed essere diversi.”
E per essere diversi Elsa Schiaparelli intendeva: essere sé stessi.
Pensaci, quando ti vesti lo fai per nasconderti o per raccontarti?
Non è facile, lo so, in prima battuta è necessario studiarsi e capire chi si è.
Capire anche cosa ci piace davvero (vuoi provare a fare l’esercizio che suggerisco qui?)
Così tra i dodici comandamenti per le donne che chiudono la sua autobiografia “A Shocking Life” Elsa scrive come primo punto:
“Poiché la maggior parte delle donne non si conosce, dovrebbe provare a farlo. “
Conoscersi per comprendersi, anche nella propria evoluzione.
Conoscersi per accettarsi con clemenza e iniziare ad amarsi.
Conoscersi per raccontarsi a sé stessi e agli altri.
Vestirsi per indossare la propria identità.
Tu quando ti guardi allo specchio ti riconosci per tutto quello che sei?
Charles Fredrick Worth, il primo vero couturier creatore del concetto di sfilata e di modella, affermava con superbia che le sue clienti non avevano bisogno di pensare quando si rivolgevano a lui. Gli bastava osservarle per capire quale abito sarebbe perfetto per valorizzarle.
“Camminate, giratevi per bene. Tra otto giorni tornate e troverete il vestito che fa per voi”.
D’altra parte diceva “le donne che vengono da me vogliono chiedere la mia idea non eseguire la loro. Si affidano a me con fiducia e io decido per loro, questo le fa felici. Se dico loro che sono perfette non hanno bisogno di altre prove. La mia firma sul loro vestito è sufficiente”.
Charles Fredrick Worth era un couturier e i suoi abiti, famosi come i quadri di Monet e acquistati per la splendida fattura e per la firma che portavano, parlavano più di quello che adesso definiremmo il suo brand che del carattere e dello stile della signora che questi abiti avrebbe indossato.
Elsa Schiaparelli aveva un altro approccio verso le sue clienti.
“Mi informavo sulle esigenze delle donne che si affidavano a me e cercavo di aiutarle a trovare il loro tipo. Credo sia questo il segreto del vestirsi bene. I tipi sono enormemente diversi. I look delle donne corrispondono al loro stile di vita, al loro lavoro, ai loro amori e anche alle loro tasche.”
Elsa Schiaparelli aveva un approccio da consulente d’immagine.
Perché mi hai scritto? Cosa ti aspetti da un lavoro sulla tua immagine? Che felicità vorresti vestire?
Sono tra le prime domande che pongo a chi mi contatta.
Ogni tipologia di donna è diversa e per ogni tipologia di donna non serve solo considerare l’aspetto fisico ma anche lo stile di vita e la personalità.
Come scrivo anche qui non basta sapere che il tuo corpo somiglia nella forma ad una pera o che i colori che valorizzano il tuo volto sono autunnali.
Negli anni ho fatto consulenza e formazione a moltissime “pere autunnali” e tutte avevano dentro uno stile diverso e unico da far emergere.
Per questo ai miei clienti, nel questionario conoscitivo di inizio consulenza, non chiedo solo la taglia, l’altezza, il colore degli occhi.
Certo queste informazioni sono importanti, ma non bastano.
Sapere quale è il tuo film preferito, che libri leggi, che musica ascolti è fondamentale per capire chi sei davvero.
Così come mi serve sapere dove vivi, con chi vivi, se ti piace quello che fai ogni giorno e anche quanto puoi spendere.
Come scrivevo qui, io amo il mio lavoro di consulente d’immagine proprio perché mi consente di entrare in empatia con persone molto diverse tra loro e di percorrere con loro un pezzo di vita.
C’è chi lavora come dipendente, chi vorrebbe aprire una sua attività creativa, chi sta per andare in pensione, chi è felice delle sue giornate e chi invece vorrebbe cambiare, chi ascolta musica classica, chi invece ama il rock, chi legge avidamente libri russi, chi preferisce le riviste, chi ha forme morbide e un sorriso luminoso, chi ha un seno contenuto e un viso angelico, chi possiede coraggio e determinazione, chi è forte delle sue idee ma ha bisogno di comunicarle meglio, chi invece ha bisogno di me per fare luce.
Il mio obiettivo è sempre di aiutare chi si rivolge e a me a dipingere la sua storia con forme, colori e suggestioni visive uniche e autentiche.
Intonate alla musica della sua personalità.
Una brava consulente d’immagine non suggerirà mai ai suoi clienti abiti che li sovrastino ma cercherà quei capi e quegli accessori in grado di intonarsi a loro, in un racconto armonioso e bilanciato.
L’abito giusto sarà quello che non si noterà prima della donna o dell’uomo, nemmeno se si tratta di una creazione di Salvador Dalì: sarà l’abito ad accordarsi allo stile di Wallis Simpson e non viceversa.
Elsa lo sapeva: la tua immagine ti consente di comunicare ancora prima di aprire bocca.
Con ogni suo dettaglio: dagli accessori fino al trucco e ai capelli.
Elsa Schiaparelli è stata la prima consulente d’immagine.
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