Tutti conosciamo Coco Chanel.
Abbiamo sentito almeno una volta citare una delle sue frasi veloci e ficcanti come
“la moda passa, lo stile resta”.
Abbiamo visto una sua foto.
Abbiamo presente almeno uno dei suoi famosi modelli come il little black dress,
o il taiulleur profilato da portare con la scarpa bicolore.
Su Coco Chanel sono stati scritti libri, confezionati film, inventate leggende.
Madeleine Vionnet è molto meno nota.
Me ne sono resa conto confrontandomi con i ragazzi che studiano con me Storia della Moda allo IED.
Eppure il periodo in cui Vionnet visse e lavorò è esattamente lo stesso della mitica Coco e, tra le due, fu lei la creatrice più esperta e raffinata.
Coco Chanel, per sua stessa ammissione, non sapeva cucire.
Chanel destrutturava prima di strutturare.
Pragmatica e decisa affermava:
“Un vestito non è una tragedia, né un quadro”.
In borsa portava sempre un paio di forbici per scucire orli imperfetti o smontare spalline poco donanti.
Gabrielle Chanel seppe creare uno stile su misura per sé e la sua vita.
Donna libera, suo malgrado, che rubava pezzi al guardaroba dei suoi molti amanti.
E si faceva ispirare dai tessuti e le forme indossati da stallieri e uomini di fatica.
Chanel fu in grado di dare un nuovo significato all’uniforme nera che aveva indossato durante i tristi anni giovanili in collegio, dalle suore a Obazine.
Depositò nel “piccolo vestito nero” un nuovo concetto di lusso minimale che cambiò per sempre il modo di vestirsi delle donne.
Ebbe idee e stile e introdusse un abbigliamento adatto a quel nuovo tipo di donna che lei stessa rappresentava.
Una donna che poteva e doveva osare perché partiva da niente e non aveva nulla, nemmeno una famiglia.
Madeleine Vionnet aveva con la moda e con il tessuto un rapporto viscerale.
Vionnet è un punto di riferimento per chi studia moda e confezionamento.
I suoi abiti drappeggiati e scivolati erano rivoluzionari nel modo in cui vestivano la donna e il suo corpo, studiati per valorizzarne le forme e i movimenti.
Pensati per una moda senza tempo e dalla manifattura perfetta.
Madeleine Vionnet aveva elaborato una tecnica di confezionamento unica.
Che iniziava con un manichino e delle pezze di stoffa.
Sul manichino cuciva e inventava il modello.
Che poi replicava, raddoppiando le misure della stoffa.
Stoffa che veniva fatta allungare con dei pesi e un complesso sistema di tiranti, così da renderla indeformabile, quindi più comoda e durevole, una volta indossata.
“All’inizio avevo paura, credevo che nessuno avrebbe amato i miei vestiti; io li mettevo, ma dato che ero traccagnotta, non ero una buona mannequin…mi piacevano e li mettevo per la mia comodità”
Madeleine Vionnet aveva una eccellente tecnica sartoriale e diede un nuovo senso al drappeggio in cui, anche le cuciture, diventavano parte del disegno artistico dell’abito.
Grazie al taglio di sbieco, cioè orizzontale a 45 gradi rispetto al verso della trama e dell’ordito, esteso a tutto l’abito era in grado di creare un capo di abbigliamento che non si limitasse a coprire il corpo ma che ne accompagnasse con naturalezza le forme.
I suoi modelli esaltavano e liberavano la bellezza femminile ed erano modulabili su ogni tipo di fisico (cosa davvero innovativa).
Perché: “quando una donna sorride, il suo abito deve sorridere con lei”.
Madeleine Vionnet non fu meno importante di Coco Chanel per la storia della moda.
Anzi forse lo fu molto di più.
Perché allora di una si è creato il mito e l’altra è molto meno conosciuta?
Il motivo sta in questa foto:
Ogni creazione di Vionnet riportava sull’etichetta, oltre al logo disegnato da Thayaht, anche l’impronta digitale della stilista.
Madeleine Vionnet fu tra i primi, infatti, a lavorare sul concetto di copyright per difendere giuridicamente la sua produzione.
Rimasta scottata, dopo un brutto caso di plagio da parte di Demoiselle Miller che che aveva copiato i modelli Vionnet pubblicati sulle riviste (adesso potremmo dire “trovati in rete”).
Una delle sue missioni era quella di proteggere il diritto di creazione e fermare la riproduzione illegale di copie.
È a lei che si deve la fondazione dell’associazione contro la copia (PAIS) nel 1929.
Fortunatamente creò un album del copyright che contiene gli unici suoi 75 modelli che sono arrivati fino a noi con qualche istruzione.
Per indossare gli abiti creati da Madeleine Vionnet, infatti, ci voleva una sapienza di cui solo la stilista era depositaria.
Chi ereditava delle sue creazioni spesso non aveva idea di come indossarle.
Recentemente, dopo il ritrovamento di un abito Vionnet, è stato richiesto l’aiuto dello stilista Azzedine Alaïa per ricostruirlo.
Alaïa ha impiegato quasi 3 giorni per capire come fosse originariamente il risultato, per poi scoprire una delle più belle e significative creazioni Vionnet mai viste prima, che sarebbe altrimenti rimasta sconosciuta.
Che ne pensava Chanel delle copie?
Quando Gabrielle, in visita negli Stati Uniti, trovò le sue idee, copiate senza alcuna autorizzazione e realizzate in maniera spesso infelice, appese nei grandi magazzini americani disse:
“Se mi copiano è meglio: copiare è un segno d’amore e l’amore è ciò che rende eterni”.
E se avesse ragione lei?
Ti piacerebbe conoscere la storia di altre figure femminili della moda?
Non perderti il mio mio ebook illustrato “Le Ragazze Rivoluzionarie della Moda”.
Madeleine Vionnet e Coco Chanel sono tra le protagoniste!
Ti appassiona la storia della moda?
C’è il mio corso di Storia della Moda sempre a disposizione per te. Acquistalo da qui e potrai vedere le lezioni quando e come vorrai. Un po’ come Netflix.
Silvia Comerio dice
Ciao Anna, bellissimo articolo! Vionnet mi ha sempre incantato…quanto mi raserbbe piaciuto indossare uno dei suoi abiti! 🙂
Raffa dice
Bellissimo questo post!
Anche io recentemente ho visto un documentario su Coco (Sky Arte), ma non conoscevo Vionnet. Incredibile!
Grazie Anna
Tiziana Rinaldi dice
Interessantissimo questo post Anna, sia per l’argomento relativo agli abiti – io avevo conosciuto M.Vionnette lo scorso anno, ero rimasta affascinata dalla sua storia, ne avevo scritto anche sul mio blog, ma non sono un’esperta del settore, dunque non avevo potuto approfondire sul lato proprio tecnico così come splendidamente hai fatto tu – sia per quello ancora più fondante dell’essere copiati.
A me, nel mio piccolissimo, è capitato, e capita. A volte anche piuttosto spudoratamente, devo dirlo 🙂
Cosa faccio? Niente. istintivamente, senza rifleterci molto, non faccio niente. Osservo, prendo nota mentale, mi dico: “io so che tu sai che io so” ma non vado oltre, o meglio, non sono mai andata oltre. Faccio così in modo istintivo, senza particolari ragioni – e non è detto che farò così per sempre, fino ad ora ho fatto così. Sapere che sono in tale buona compagnia mi rincuora, nel senso: allora, forse, nel mio piccolissimo, ho fatto bene a tacere? Chissà…
Grazie per le riflessioni che mi hai fatto fare 🙂
Isabella dice
Ciao Anna,
articolo interessantissimo, a cui purtroppo non si riesce a dare una risposta univoca.
Selina dice
Davvero molto bello, soprattutto la conclusione, un nuovo ed interessante approccio 😉