Jeans: questo è il loro momento. Anzi è sempre il loro momento.
Alzi la mano chi non ne ha almeno un paio in armadio. Ma lo conosci bene questo capo che ti fa compagnia così spesso?
Ti racconto la storia dei jeans!
I jeans hanno una storia davvero lontana che arriva fino al 1400 quando in Piemonte, e in particolare nella città di Chieri, si cominciò a produrre un fustagno blu molto rigido che veniva esportato nel resto del mondo, con le navi che partivano dal porto di Genova.
Si trattava di un tessuto molto resistente che presto cominciò, proprio in virtù della sua durevolezza, ad essere usato anche come capo di abbigliamento dagli stessi marinai genovesi a cui deve il suo nome.
I portuali liguri decisero, infatti, di tingere i loro pantaloni di un colore indaco scurissimo per nascondere le macchie e l’usura.
Nasceva così il “blu di Genova” che divenne “blue jeans”.
Perché il jeans viene chiamato anche denim?
I cugini francesi sostengono che questa speciale tela non venisse realizzata solo a Genova ma anche nella cittadina Nîmes.
In ogni caso, dall’Europa i jeans arrivarono presto in America.
Grazie a Loeb Strauss!
Costui era un giovane ebreo, nato il 26 Febbraio del 1829 a Buttenheim in Germania da una famiglia povera e molto numerosa.
Quando suo padre morì decise di “cambiare vita” e, nel 1851, emigrò in America, raggiungendo i due fratelli maggiori che già si trovavano sul posto e avevano avviato un piccolo commercio di tessuti.
Presto Loeb, che aveva nel frattempo cambiato il suo nome in Levi per praticità, si spostò al West, seguendo “la corsa all’oro”.
Aprì una succursale dell’attività di famiglia per soddisfare il crescente bisogno di abiti robusti per minatori, allevatori e operai, per i quali inventò la pratica salopette.
Lì iniziò a vendere anche un panno di cotone molto spesso che riscuoteva successo tra i lavoratori e che lui aveva scoperto proprio nel suo viaggio per mare: il jeans!
Uno dei suoi clienti diventò presto Jacob W. Davis che realizzava tende, coperte per cavalli e coperture di carri. Costui aveva inventato un modello di pantalone indistruttibile, grazie a dei rivetti di rinforzo in rame che rifinivano le tasche e le rendevano più pratiche, soprattutto per i minatori e i ricercatori d’oro che le riempivano con le loro preziose pepite.
Davis, però, non aveva fondi a sufficienza per brevettare e produrre il suo pantalone in quantità e, così, pensò di chiedere al commerciante tedesco Strauss di farlo.
Tentò l’impresa scrivendo, il 5 Luglio 1872, questa lettera:
“Reno, Nevada, 5 Luglio 1872. Ai signori Levi Strauss and Co. Trovate accluso un assegno di 350 dollari. Vi ho anche mandato 2 pezzi cuciti con la stoffa che ho acquistato da voi. Quelli blu li vendo a 3 dollari e 50 al paio. I miei concorrenti sono gelosi del successo e se non li assicuro con un brevetto presto li faranno tutti. Perciò cari signori vi propongo di fare un brevetto a mio nome e vi darò metà dei diritti. Vostro J.W.Davis“.
Levi Strauss accettò e ottennero il brevetto numero 139.121
Che venne declinato anche sulla sua famosa (e da quel momento “rivettata”) salopette.
Le richieste aumentarono così tanto che Levi Strauss decise, infine, di aprire uno stabilimento.
Venne ideato anche un logo: due cavalli che tirano un paio di pantaloni di jeans, tentando di strapparli.
Logo che venne cucito sul retro di ogni capo con una targhetta, dove era presente anche un “doppio arco rosso” che ne sanciva l’originalità e distingueva i “jeans Strauss” dalla concorrenza che cominciava a spuntare.
I jeans fabbricati da Levi Strauss ebbero un successo immediato ma forse lui avrebbe mai immaginato che questo tipo di pantaloni gli sarebbero sopravvissuti così a lungo, tanto da essere chiamati con il suo nome:
“Levi’s: di Levi”.
Una volta scaduto il brevetto, nacquero molte aziende che si specializzarono in “jeans”, come Lee e Wrangler; anche se questo tipo di pantaloni, per molto tempo, continuò ad essere utilizzato come capo d’abbigliamento da lavoro prettamente maschile.
Solo nel 1934 gli eredi di Levi Strauss decisero di ampliare il mercato, producendo i jeans da donna.
Si trattava di un modello largo e comodo, destinato a coloro che vivevano e lavoravano nelle fattorie e nei ranch di famiglia.
Sì come “Ragazze Ingalls” della “Casa Nella Prateria” (ti ricordi di questo telefilm?)
Le donne non solo cominciano ad indossare i jeans ma iniziarono anche a realizzarli:
Mentre le altre ragazze frequentano i loro cocktail bar preferiti,
versando Martini secco e ruminando caviale,
c’è una ragazza che le fa vergognare,
Rosie – è il suo nome.
Per tutto il giorno,
che ci sia la pioggia o il sole,
lei fa parte della catena di montaggio.
Sta facendo la storia,
lavorando per la vittoria,
Rosie the Riveter.
Ecco la poesia dedicata a Rosy la Rivettatrice, un’operaia specializzata nel rivettare, appunto, i pantaloni jeans, eletta a simbolo di tutte quelle donne che durante la seconda guerra mondiale sostituirono gli uomini nelle fabbriche.
Scommetto che hai già visto questa foto: lei è proprio Rosy la Rivettatrice.
Come fecero i jeans a passare da “capi da lavoro” ad “abbigliamento quotidiano”?
La suggestione arriva da Hollywood, alla fine della guerra.
Con i film Western!
I jeans si impongono come “moda” anche in Europa, insieme al prestigio delle armate americane vincitrici.
(la prima fabbrica di jeans europei aprì in Belgio nel 1959)
Ecco l’attrice Jane Russel che, nel 1950, indossa sul set un paio di jeans e una camicia a scacchi: la classica divisa del West.
Tutto il mondo scopre lo stile delle “ragazze di campagna americane” e le donne vengono affascinate da questo capo maschile che donava così tanto alle loro star preferite.
Doris Day, la fidanzatina d’America, li porta in quasi tutti i suoi film!
Anche Marilyn Monroe, nella pellicola “La confessione della signora Doyle” del 1952, indossa i jeans che si abbinano molto bene alla sua sensualità.
E per i maschietti?
I modelli da seguire sono il fascinosissimo e “maledetto” Marlon Brand che, nel film “Un Tram Chiamato Desiderio” del 1951, li mette con il Perfecto, il giubbino in pelle che usavano i militari dell’aviazione inglese.
E poi James Dean in “Gioventù Bruciata” del 1955: inseparabile dai suoi jeans.
Saranno proprio i giovani a “prendere possesso dei jeans”.
Perché se è vero che anche Grace Kelly, negli anni ’50, viene immortalata mentre indossa un paio di jeans:
È questa la sua mise più ammirata nel periodo:
(sfoggiata dall’attrice nel film “La finestra sul cortile” del 1955 e disegnata dalla costumista Edith Head – una rivoluzionaria della moda).
Un outfit capace di raccontare l’immaginario di un’epoca che, per allontanarsi dalla sofferenza della guerra, necessitava di quell’opulenza e di quello splendore che lo stilista Christian Dior seppe offrigli perfettamente con il suo New Look (di cui ti parlo in questa lezione di questo corso).
I jeans diventano l’emblema di quanto più diverso c’era dall’eleganza ideale e dallo stile bon-ton.
Portati, per questo motivo, con fierezza dai ragazzi e le ragazze che, nell’Inghilterra degli anni ’50, si facevano chiamare Teddy Boys e Teddy Girls (ti spiego tutto qui).
Fino a farsi manifesto visivo della ribellione giovanile e della voglia di prendere le distanze dalla monotonia e dall’ipocrisia del mondo adulto (come spiego qui).
Fino a farsi manifesto del rock!
Non a caso nel 1969 i jeans verranno scelti come “uniforme non ufficiale” del Festival di Woodstock.
Da lì in poi i jeans vengono considerati compagni inseparabili di ogni guardaroba.
Tanto che persino Jackie Kennedy, icona di eleganza e stile, a volte lasciava da parte i suoi tailleur e si metteva un paio di jeans.
Negli anni ’70 i preferiti sono quelli “a zampa d’elefante”, in memoria dello stile hippie.
Facili da indossare e “sfilare” e capaci di esaltare la sensualità del corpo. Come quelli delle meravigliose Charlie’s Angels (che vedi nella foto sotto), magari arricchiti da decori sul fondo, proprio come “era in voga” nel periodo.
Tutti portano i jeans anche quei ragazzi “contro” che si fanno chiamare punk e suonano musica rumorosa che loro stessi definiscono “da due soldi” (ecco il significato della parola “punk”, lo sapevi?).
(nella foto i componenti della band Sex Pistols il cui look veniva curato da Vivienne Werstwood una vera rivoluzionaria della moda).
Verso la fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80, grazie agli esperimenti con le fibre elastiche come l’elastam, i jeans sono sinonimo di glamour e sensualità.
Diventando “una seconda pelle”.
È in questo periodo che esplode Calvin Klein, il primo stilista a trasformare i jeans in un capo di lusso.
Le immagini pubblicitarie con una giovanissima (appena quindicenne) Brooke Shields che ammicca seducente in spot come questo, fanno il giro del mondo, attirando critiche, imitazioni e soprattutto vendite.
“What gets between me and my Calvins? Nothing“! (Cosa si mette tra me e i miei Calvin? Niente!)
Negli anni ’80 i jeans dei “vincenti” (non a caso in quel periodo nasce il power dressing) si fanno firmati e aderiscono al corpo, per mettere in mostra il fisico scolpito dall’abitudine alla palestra.
C’era addirittura chi arrivava ad infilarsi, indossando i jeans, in una vasca piena d’acqua per stringerli ancora di più addosso (asciugandoli poi con il phon o all’aria aperta).
E questo valeva sia per le donne che per gli uomini.
All’inizio degli anni ’90 Levi Strauss torna a fare tendenza e il modello 501 diventa un must tra i più giovani.
Io ricordo che ne avevo più di un paio e che li indossavo imitando il look di Brenda, Kelly e gli altri protagonisti del telefilm Beverly Hills 90210.
Pure i “cattivi ragazzi” degli anni ’90, i grunge, li amano ma in versione “vissuta” e “strappata”.
E poi?
Poi la vita si fa sempre più bassa.
Te lo ricordi?
È un fatto: i jeans possono cambiare forma, stile, colore ma non smetteranno mai di essere indossati.
I jeans si intoneranno al TUO stile?
Ogni capo e ogni accessorio che decidiamo di indossare racconta e spiega qualcosa di noi, come capiremo qui.
Cosa dicono i jeans? Lo abbiamo capito studiandone la loro storia!
Il jeans ci parla di praticità, di sicurezza, di facilità di utilizzo, di una certa ruvidezza ma anche di capacità di evoluzione.
Ti rivedi in tutte queste parole? O senti di averne bisogno?
Allora corri a mettere i jeans e fallo A MODO TUO! Combinandoli con le altre parole di stile del tuo vocabolario.
Il bello dei jeans è, proprio, che possono essere una splendida base e venire inseriti in un look che somigli proprio a te!
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E al tuo modo di essere:
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In tutte le stagioni!
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E le combinazioni:
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A seconda della tua attitudine potranno diventare raffinati,
seducenti,
rock,
o sportivi.
Osserva come con lo stesso paio di jeans potrai realizzare look molto diversi:
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Quale si abbinerà proprio a te?
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Come si accorderà al TUO stile?
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Quale combinazione ti illumina e ti somiglia davvero? Possiamo scoprirlo insieme qui e qui.
Grazie al:
MAGICO POTERE DEGLI ABBINAMENTI!
Ispirati alla splendida Audrey Hepburn che, in “Colazione da Tiffany“, canta Moon River portando un paio di jeans abbinati a turbante e ballerine.
Et voilà!
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Rendi i tuoi jeans ancora più spensierati, indossandoli con una t-shirt a righe.
In pieno stile francese!
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O falli diventare quasi formali, scelti in versione scura e portati con una camicia.
Pure in versione animalier:
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E perché non bilanciarne l’informalità del jeans con la classica giacca Chanel (leggi la storia di questo capo qui).
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Indossali con il trench tu che ami sempre andare sul sicuro e vuoi sentirti pronta ad affrontare ogni “battaglia”.
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Sperimenta una combinazione inusuale mettendo, come fa Katharine Hepburn, i “pratici” jeans con una “sofisticata e volumetrica” pelliccia. Combinando, così, il tuo lato pratico con la tua voglia di stupire.
Perché un look davvero memorabile è un look fatto di armoniosi contrasti.
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Presta attenzione ad ogni dettaglio:
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E anche ai colori!
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Come spiego qui, anche le sfumature che preferiamo raccontano qualcosa della nostra personalità,
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E comunicano chi siamo, a noi stessi e agli altri.
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Ti sei mai chiesta come potresti vestire la tua felicità in modo autentico, unico e gioioso?
Tutto sta nello scoprire la tua STILOSOFIA!
Facciamolo insieme qui!
I jeans si adattano a tutte le forme?
La risposta è sì: si tratta solo di individuare quali sono gli alleati della TUA bellezza, come spiego alle mie clienti durante le consulenze, in questo corso live e anche in questa lezione del mio video corso Fiorisco.
Si intoneranno a te che hai un fisico androgino:
Accompagneranno molto bene anche te che hai forme morbide.
Osserva per esempio questo look di Marilyn Monroe, c’è tutto quello che può rendere i jeans ancora più in accordo con la tua bellezza:
– la vita medio alta e la cintura per mettere in risalto la “figura a clessidra”;
– il risvoltino per conferire ancora più equilibrio, spostando l’attenzione verso il basso;
– il top chiaro per ottenere l’ideale armonia delle proporzioni.
Segreto: i jeans boot-cut saranno tuoi amici ,qualsiasi sia il tuo tipo di fisico.
Specialmente se abbinati con una maglia a righe.
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I consigli sempre validi per tutte:
- Mettere in risalto il punto vita;
- Suggerire l’effetto clessidra;
- Mettere in luce quello che di bello abbiamo.
Invertendo il punto di vista e quindi non focalizzandosi su “come nascondere” ma su “come illuminare!
È questo il primo passo verso la CLEMENZA!
Per esempio: pensi che il tuo sedere sia piatto?
Faranno per te i “mum jeans”, alti in vita.
Chiamati così perché si trattava di un modello in voga negli anni ’50 che venne considerato “da mamma” negli anni ’60.
Metteranno in luce la tua bellezza in modo melodioso.
Ti ci immagini così?
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Vorresti capire quali sono i jeans alleati della TUA bellezza?
Scopriamolo insieme durante una consulenza o in questo corso!
Ti piacerebbe capire come i jeans parlano di te?
E come combinarli in uno stile UNICO e che si intoni proprio a TE e al TUO vocabolario di stile?
Vieni a questa lezione!
Apprezzi i miei racconti di Storia della Moda e vorresti saperne di più?
Questo è il corso che fa per te!
Ti piacciono gli outfit che creo?
Dai un’occhiata a PollyAnna e all’edicola con i numeri già usciti.
In ogni caso io ti aspetto e sono molto curiosa di sapere quali saranno i tuoi prossimi look con i jeans!
Un abbraccio!
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