Prima di fare questo lavoro WhatsApp e i social network li usavo quasi esclusivamente per motivi privati.
E in effetti se pensiamo a Facebook, che da poco ha festeggiato i suoi primi 10 anni, il buon vecchio Mark lo aveva ideato proprio per creare o cementare relazioni reali e amicali.
Usando però i nuovi media (consentite di chiamarli così a una che si è laureata in Scienze della Comunicazione nel 2005, ormai preistoria) si esprime sé stessi e ovviamente il nostro lavoro fa parte di noi.
Così quando giovedì dopo essere caduta con il cellulare in mano, una cosa proprio tipica di me, e aver rotto lo schermo dello stesso in mille pezzi sono dovuta andare dove lo avevo comprato, per capire se si poteva riparare.
Sì può riparare e me ne hanno dato uno in sostituzione.
Ad un certo punto però davanti al ragazzo dell’assistenza clienti mi sono trovata a dire: il cellulare mi serve per lavoro, quello di emergenza ha tutti i social e anche WhatsApp?
WhatsApp mi serve un sacco per lavoro.
Quando il giovane virgulto, che avevo davanti mi ha guardata stranito, mi sono resa conto che lui probabilmente su WhatsApp si scrive velocemente con gli amici a che ora trovarsi per il calcetto o si scambia foto più o meno lecite con la fidanzata.
Io invece con WhatsApp, la più intima e amichevole della applicazioni (devi già avere il numero di telefono della persona a cui vuoi scrivere per entrarci in contatto) ci lavoro.
Certo ci scrivo anche con le mie amiche che mi mostrano le foto dei loro pupattoli o a che punto sono i lavori con la casa nuova.
Però per me è uno strumento di lavoro, proprio in virtù della velocità di scambiare le immagini.
E addirittura “il selfie”, la più bistrattata ma democratica delle derive social, per me e il mio lavoro assume un significato altro e mi consente di comunicare, implementando il concetto di consulenza a distanza.
WhatsApp diventa in questo caso una sorta di confessionale e io, come il prete, non giudico e invece delle preghiere da fare suggerisco abbinamenti o colori da scegliere.
Come mi vesto per l’appuntamento, con questo abito o questo completo giacca pantalone?
Non sono convinta/o di questo abbinamento.
Sono in negozio e non so quale paio di pantaloni scegliere.
Quale cappotto potrò sfruttare anche l’anno prossimo?
Come potrei reinventare questa gonna, la lunghezza mi sembra obsoleta, la potrei accorciare?
E mille altre domande.
Autoscatto in casa, davanti all’armadio, in camerino etc e invio veloce. Come è successo quando Domitilla si stava preparando per scattare la foto di copertina del suo libro “Due gradi e mezzo di separazione”, uscito in questi giorni, e come ha raccontato qui.
D’altra parte c’è chi di foto di questo genere ci ha fatto una professione, c’è chi le fa bene e in maniera autoironica come Lucia del Pasqua, c’è chi è più convinto e si spara le pose più sexy, chi è più incurante del setting dietro le spalle, magari con la mutanda buttata per terra o il letto sfatto.
Via WhatsApp è comodo per chi mi scrive e anche per me che posso rispondere velocemente anche se sono impegnata a fare altro.
La rete, la tecnologia e le loro potenzialità, secondo me, ti offrono molte opportunità e ti consentono di scegliere. Sta a te declinare il tutto in maniera positiva e costruttiva, come scrive qui a proposito anche di WhatsApp il bravissimo Gianluca Diegoli.
E a voi quali applicazioni hanno riservato le maggiori sorprese e l’utilizzo più inaspettato?
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