Quello con Adriana Delfino è stato amore a prima vista, anzi a prima lettura.
Adriana infatti, oltre al sito dove presenta le sue creazioni, ha un blog dal nome volutamente provocatorio: Against Fashion, ed è lì che ho iniziato a leggerla un po’ di anni fa.
Nel blog Adriana racconta, con sguardo originale, le collezioni e le proposte moda degli stilisti, categorizzando in “bello” e “brutto” ciò di cui scrive.
La sua voce è autentica, sensibile, intelligente e priva di alcuna sterile arroganza.
Ed è proprio questa voce ad avermi colpito quando finalmente ci siamo conosciute, tra gli specchi e le porcellane, del caffè di Palazzo Reale a Torino.
Una location lussuosa e composta insieme, proprio come lo stile di Adriana.
Abiti e accessori che vestono, con la loro poesia, e completano il racconto per immagini di chi li indossa, senza sovrastarlo.

Foto di Maren Ollmann
Pezzi unici in cui la cura del dettaglio e la capacità sartoriale fanno la differenza.
In questi giorni di passerelle, illuminate dalla settimana della moda milanese, mi pareva giusto dedicare la rubrica I love Made in Italy di Febbraio, proprio a lei e, con l’occasione, chiederle un parere sul futuro del Made in Italy
AT: Chi sei e cosa fai nella vita?
AF: Amo definirmi una sarta. E’ insieme una verità e una presa di posizione, perché cucio praticamente tutto quello che produco e perché il termine ha un significato che va ben oltre il semplice atto di cucire. Oggi che il termine ha perso un po’ del suo appeal, io tento ogni giorno di restituirgli il significato che gli spetta. Un sarto è colui che lavora contemporaneamente con le mani, con la testa e con il cuore. Un sarto inventa, perché nelle sue mani risiede un secondo cervello che guida la sua sensibilità. In questo senso diventa superfluo dire che sono anche una designer.
Quello che faccio concretamente sono collezioni di abbigliamento e accessori donna, in cui l’apporto artigianale è molto importante. Si tratta volutamente di piccole collezioni in termini di quantità. C’è poi la parte di customizzazione del prodotto, ossia il “su misura”, che diventa la realizzazione del pezzo unico, pensato e cucito in esclusiva per una determinata cliente.
Oltre a questo io insegno: storia della moda e micro-modellazione tessile. Poi da almeno 10 anni conduco laboratori di moda per bambini e ragazzi, perché penso che la moda sia un pezzo di cultura e prima si capisce e meglio è.
Da tre anni mi occupo anche di critica della moda attraverso il mio blog. Questo mi ha portato a collaborare con alcuni magazine on line e attualmente a collaborare con alcune realtà del settore per la parte relativa alla comunicazione.
AT: Come ti sei avvicinata alla moda?
AF: La moda è nel mio DNA. La mia madrina era una sarta e il regalo più bello che aspettavo sempre con impazienza da lei, era il mucchietto di scampoli di stoffa che conservava per me. Mio zio era un sarto e ricordo i suoi gesti, il manichino da sartoria che era diventato parte della famiglia. Dopo gli studi di lingue, quando si è trattato di scegliere cosa fare realmente “da grande”, non ho avuto dubbi e così ho ricominciato a studiare, andando a scuola di sera mentre già lavoravo. Il resto è venuto di conseguenza.

Foto di Stefania Bonatelli
AT: Il tuo blog si chiama Against Fashion? Eppure di moda, in modo positivo, si nutre la tua stessa vita. Ci puoi spiegare il perché di questo nome?
AF: Io sono contro il fashion, ma naturalmente a favore della moda.
Mi spiego. Personalmente penso che i due termini non abbiano lo stesso significato: fashion è il rumore che avverto intorno alla moda, fashion è solo la superficie di un settore che costruisce non solo abiti e accessori, ma idee, modi di vivere, significati. Quando parlo di fashion mi riferisco a tutti quegli atteggiamenti che non tengono conto del lavoro concreto e importante che sta alla base del fare moda. La moda influisce ed è influenzata dall’economia, la politica, l’arte, la psicologia, l’etica.. Tutto in definitiva è moda. Quindi quando mi capita di leggere o vedere che il fashion prende il sopravvento su tutto questo, non posso evitare di prendere una posizione critica.

Foto di Maren Ollmann
AT: Bello o brutto (come fai tu nel tuo blog): dacci una definizione di tendenza moda.
AF: Non sono molto brava riguardo alle tendenze. Per me va di tendenza quello che mi incuriosisce, mi stupisce, cattura la mia attenzione. Definizione che credo non corrisponda a quello che generalmente si intende per “tendenza”. Quando metto mano a una nuova collezione non mi interrogo su quello che va per la maggiore in quel momento. Mi chiedo cosa può servire alle donne, cosa fare per farle sentire belle, comode. Mi pongo anche il problema di creare abiti e accessori che possano durare nel tempo e questo va naturalmente oltre le tendenze. Penso che nella fase iniziale il mio sia un approccio da designer, che solo in seguito si avvicina al lavoro dello stilista.
AT: Cosa significa per te creare con le mani?
AF: Significa dare un valore aggiunto ad ogni oggetto. Le mani trasferiscono un pezzetto della loro storia, della loro sensibilità. E ogni volta sarà diverso dalla precedente; quindi possono creare solo pezzi unici, anche quando credono di replicare un lavoro già fatto. Dico sempre che le mie mani mi somigliano più della mia faccia.
AT: Come nasce il tuo processo creativo? Parti da una idea, da un oggetto o da un elemento come la stoffa?
AF: Di solito parto dai materiali, ma a volte può capitare che l’ispirazione arrivi da un’immagine, un ricordo, una persona incontrata.. La manipolazione del materiale rimane comunque un passaggio fondamentale per lo sviluppo dell’idea. Il processo creativo è una delle cose più difficili da definire o prevedere. Le associazioni mentali, le intuizioni, le piccole o grandi visioni che a volte illuminano la fantasia sono davvero inspiegabili.
AT: Domanda da un milione di dollari: come fare a salvare la moda italiana da sé stessa?
AF: Mi verrebbe da dire che la medicina è già contenuta nell’ammalato Credo che preservando e attualizzando le peculiarità stesse della moda italiana ( artigianato di eccellenza, un sistema industriale efficiente, tradizionale abitudine al bello), si possa già fare un ottimo lavoro in questo senso. Quello che andrebbe aggiunto sono scuole di qualità, dove si trattino sia materie teoriche che pratiche ma in modo più moderno e anche più realmente professionale. La formazione è uno dei punti dolenti, e senza formazione non c’è cultura. Un altro punto dolente è la mancanza di musei dedicati alla moda: troppo pochi. Le stesse esposizioni che si allestiscono in Italia risentono di un certo provincialismo, sia negli allestimenti che nei contenuti. In definitiva in Italia la moda, nonostante i fatturati e la reputazione del made in Italy in tutto il mondo, ancora non è entrata di diritto nel comparto cultura. Credo che sia questo il vero scoglio da superare. Forse il nostro è un Paese in cui prima di tutto è la classe dirigente che va educata al bello.
Adriana ha proprio ragione e non so dirti quanto sono stata felice e onorata negli ultimi mesi di insegnare Storia della Moda agli studenti IED del nuovissimo corso di “Modellista“.
Giovani menti, e giovani mani, che mi hanno sorpresa con la voglia di imparare e approfondire e sono sicura saranno il futuro della moda italiana.
Riguardo al tema tendenze, poi, aggiungo solo che:
la tendenza non passa di moda quando viene interpretata nel nostro racconto per immagini, in modo personale e autentico.
A questo proposito approfitto per confermare a tutti coloro che me lo hanno chiesto:
la prossima settimana arriva il tanto atteso post, ormai tradizionale ad ogni cambio di stagione, dedicato ai colori in tendenza per i mesi che verranno.
Come al solito troverai anche i suggerimenti su come indossarli per renderli adatti al tuo look di tutti i giorni e come abbinarli per colorare l’unicità del tuo stile.
Nell’attesa fatti ispirare dai colori della scorsa Primavera Estate..
Infine: se vuoi approfondire l’argomento moda, e tutte le sue declinazioni, ti consiglio questo libro, uscito da poco e scritto dalla grande Maria Luisa Frisa, critico, fashion curator e direttore del Corso di laurea in Design della moda e Arti multimediali all’Università Iuav di Venezia.
Maria Luisa Frisa è stata, anche, tra i curatori di questa mostra Bellissima, proprio sulla storia della moda italiana.
Vuoi candidarti per farmi raccontare la tua storia in questa rubrica? Scrivimi e parlami di te, sono sempre felice di leggerti e sicuramente ti risponderò.
Ti è piaciuta questa storia? Leggi quelle di Erika, Marisa, Silvia, Maddalena, Stefania.
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