Più di una settimana è passata dal freelancecamp, e da allora medito su questo tema.
Io ero buyer in azienda, avevo le mie mansioni, sempre elastiche certo ma riferite ad un tema preciso, sapevo che una volta uscita dall’ufficio o in ferie sarei stata interpellata solo in caso di emergenze, sapevo che se il computer che usavo aveva problemi avrei chiamato qualcuno di competenza a sistemare il problema, sapevo che una volta firmati i contratti e stabiliti i prezzi di acquisto e di vendita davo tutto in mano a qualcuno che si sarebbe occupato di fatture, conti, verifiche etc, sapevo che nel caso di dubbi e problemi avrei potuto confrontarmi con qualcuno che parlava la mia lingua.
Diventare freelance è stata una sfida con me stessa. Un salto nel vuoto per alcuni versi.
Prima di andare al freelancecamp quando mi è stato chiesto di scegliere un’immagine che per me rappresentasse il freelancismo ho dato questa
spiegando che: essere freelance per me è sempre stare in bilico, apparentemente in costante pericolo e con la possibilità continua di sbagliare. Eppure perfettamente padroni della situazione e del proprio equilibrio. E riuscire a fare questo con eleganza e senza far trasparire la concentrazione costante e, a volte, l’affanno è la vittoria maggiore.
Inoltre essere diventata freelance per me in questi due anni aveva sempre significato anche: essere sola a dover gestire tutto, senza rete di sicurezza, senza appigli, per certi versi anche un po’ sperduta.
Il freelancecamp mi ha fatto davvero bene.
Mi ha rinfrancato sentire che, anche chi è freelance da molto prima di me, ancora si interroga su quale sia il prezzo giusto da farsi pagare, perché in fondo se hai scelto di fare il mestiere che ti piace non sentiresti nemmeno il bisogno di ricevere un compenso per farlo se non ci fosse l’affitto a fine mese. E che cerca di capire come limitare entro i giusti confini l’impiego di tempo dedicato al lavoro che diventa giocoforza sempre più elastico.
Mi ha consolato vedere che non sono l’unica che fatica a fare i conti con il tempo, a trovare il momento di smettere di lavorare, di staccare il cervello da quella che è la tua attività e con cui il rischio di identificazione totale, se ci metti anima e core, è sempre dietro l’angolo.
Faccio J’Accusee e ammetto:
1. Se non ho appuntamenti ma devo lavorare dal pc capita che mi metta alla scrivania in piagiama e ci rimanga fino a sera senza nemmeno mangiare.
2. Troppe volte cerco per mia natura di fare troppe cose tutte insieme, con il rischio di perdere di vista qualcosa e di fondere il cervello.
3. Se non mi limito rischio di pensare, parlare, scrivere, arrovellarmi sul lavoro per 24 ore al giorno (notte compresa).
4. Ci sono giorni in cui mi sembra di aver fatto solo errori e io non sono una che la prende sportivamente quando sbaglia.
Ascoltando gli speech al freelancecamp mi sono sentita meno imperfetta (che poi non è detto l’imperfezione sia un male direbbe Mariela De Marchi) e ho capito quali strumenti potrebbero aiutarmi ad organizzare meglio il mio lavoro.
Ringrazio Miriam Bertoli per lo slogan “portati pazienza” rivolto ai freelance, anche se dovrebbe essere esteso anche a chi vive con noi e ci sopporta in quei momenti in cui vediamo tutto nero (in genere appena concluso un lavoro importante).
Ringrazio Alessandra Farabegoli e Mafe de Baggis che mi hanno illuminata sulla via di Damasco con il loro approccio chiaro e preciso su una tematica riguardo alla quale di solito c’è un approccio omertoso: i soldi.
Ringrazio Gianluca Diegoli perché pure io perdo gli scontrini e i biglietti da visita e mi ha fatto conoscere la mia prossima segretaria dal nome Evernote.
Andatevi a sentire tutti i loro interventi.
Ringrazio infine tutti coloro che hanno ascoltato il mio speech (lì al BocaBaranca o da casa in streaming) a cui ho spiegato quanto contano secondo me immagine e stile per un freelance. Perché il modo di presentarti è il tuo primo biglietto da visita dentro e fuori la rete; consapevolmente decidi cosa dire di te attraverso la tua immagine che è un mezzo espressivo potentissimo da poter usare a tuo vantaggio come rafforzativo del messaggio che intendi veicolare.
Se ti incuriosisce vedere il mio speech vai qui:
Rispondi