5 donne alla ricerca del proprio stile
5 racconti
5 storie di immagine
Perché non si può trovare il tuo stile senza prima partire dalla tua storia.
(Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale)
EVA
Eva è in metropolitana, è l’ora in cui i ragazzi escono da scuola.
Ragazzine disinibite e sicure di sé occupano i posti accanto a lei o si siedono sulle ginocchia dei compagni.
Eva guarda come sono vestite e le sembra di tornare indietro di qualche anno: i leggings portati con maxi maglie che scivolano sulla spalla, lasciando intravedere la clavicola, le ricordano i look di Brenda e Kelly che lei e tutte le sue compagne cercavano di imitare. Speranzose che insieme ai fuseaux e alle salopette sarebbero arrivati anche i Dylan e i Brandon.
E invece al massimo capitava di essere oggetto dell’amore folle di un Chuchy e sentirsi un po’ “Bella in Rosa”.
Sì perché il look delle ragazzine le ricorda il suo alla loro età ma non certo il modo in cui si muovono, parlano, si atteggiano.
Dove sono l’insicurezza e la tensione che dominavano, e ancora dominano, la sua vita?
Lei guarda queste ragazze e le invidia.
Stringe a sé il tablet, nella custodia rosa con i glitter dorati, come se volesse trarre forza dalla presentazione che sta portando al potenziale cliente per mostrargli come potrebbe aiutarlo.
Si è messa i jeans e una giacca.
Quello che nelle riviste definiscono un look casual smart che le è sembrato adatto alla situazione.
Nelle sue intenzioni i suoi vestiti dovrebbero aiutarla a dire: “so il fatto mio, lavoro da un po’ di anni e sono professionale (la giacca) ma sono anche flessibile, giovane, veloce e non troppo impettita (i jeans). Le sembra un messaggio vincente e che racconta quello che vorrebbe essere il suo posizionamento in un settore nuovo ma già pieno di competitor, tra i quali deve farsi largo a spallate.
Eppure avrebbe tanto voluto indossare la gonna in tulle rosa (eh sì la visione di “Bella in rosa”, “L’incantevole Creamy” e “Sailor Moon” tutte insieme la ha segnata più di quanto non voglia ammettere).
Chi sa come starebbe con quella fatta su misura che ha visto su Instagram, costava solo 70 euro.
Chi sa se si sarebbe sentita più a suo agio e sicura almeno quanto queste ragazzine.
E se indossasse la gonna in tulle per la foto profilo sul suo nuovo sito?
O forse è meglio optare per il casual smart?
Lo deciderà quando avrà identificato il suo cliente ideale, sistemato le sales pages e completato il business plan.
In fondo le piacerebbe trovare uno stile che valorizzi la sua unicità e le permetta, quando si guarda allo specchio, di riconoscersi nella versione migliore di sé.
Sente che è arrivato il momento di fiorire.
PATRIZIA
Patrizia sta uscendo, è di corsa e ha le mani occupate: borsa del computer, un libro, il materiale da rileggere in treno per aggiornare le slide, un sacchetto contenente una mela e una banana (il suo pranzo per la trasferta). Sta per aprire la porta quando si ricorda che deve lasciare l’assegno per l’iscrizione a karate di Alessandro. Domani lei non ci sarà e anche il marito è via per lavoro. Meno male che Alessandro adesso è abbastanza grande per stare da solo (anche se a dormire ancora va dai nonni).
Deve appoggiare tutto da qualche parte, ecco lì davanti allo specchio.
Mentre sta firmando alza lo sguardo e si vede.
Si vede davvero. Non soltanto si guarda.
Vede le rughette sul volto, quelle di cui va così fiera, vede il suo viso stanco e i capelli corti, perché sono più facili da mantenere, vede i colori neutri che ha deciso di indossare, perché così è più comodo fare gli abbinamenti e non viene colta dal panico quando mette tutto in valigia.
Vede il suo sguardo fiero che non ha perso la determinazione di chi sa dove è arrivato finora, ma non si accontenta mai.
Vede la dolcezza della maternità e la stanchezza dei suoi quasi 50 anni.
Alla sua età, una volta, si andava in pensione e ora si trotta ancora di più per confermare la posizione, guadagnata con tanta fatica e tanto sacrificio.
Adesso a 50 anni molte donne, dopo una vita passata a fare la mamma, con la scusa della crisi prendono la forza di affrontare, magari per la prima volta, il mondo del lavoro.
Le donne che incontra ai suoi corsi, a cui insegna a capire quali sono i loro punti di forza.
Che condividono i suoi post e la invitano agli eventi.
Donne che la prendono come esempio, lei che a 35 anni ha avuto il coraggio di lasciare l’azienda e ha creato un business innovativo, forte delle sue competenze.
Vede il suo fisico, ormai lo sa che la tonicità dei 20 anni non tornerà più ma è fiera di essersi mantenuta in forma grazie allo sport, ad una corretta alimentazione e ad una vita sana.
Se pensa a quando fumare era segno di “figaggine”.
Peccato che questo fisico gli altri non lo vedano sotto ai comodi pantaloni e alle maglie comode che non valorizzano il suo punto vita e il seno femminile.
Si guarda ancora un attimo, si vede, si accetta e si piace.
Non le piace però quello che comunica.
Dove è la sua forza d’animo in questa immagine, dove è il sicuro equilibrio raggiunto in anni di fatiche e di riflessioni, dove è la sua bellezza?
Rimangono la bocca tirata e il cipiglio sulla fronte che dominano anche le numerose foto di lei presenti in rete.
Vorrebbe raccontare la sua consapevolezza, così faticosamente maturata, anche con la sua immagine e le piacerebbe farlo in modo ragionato, pensato.
Nulla a che vedere con maschere posticce da programmi televisivi “prima e dopo”.
“È tardi finirò che perderò il treno o, come mi è già capitato, prenderò quello che va nella direzione sbagliata.
Mi metto almeno il rossetto e provo a sorridere. Va meglio. Un po’ di colore in volto ti illumina, devo ricominciare a mettere gli orecchini. Se solo mi ricordassi di averli e capissi come abbinarli senza perdere tempo”.
In fondo le piacerebbe trovare uno stile che valorizzi la sua unicità e le permetta, quando si guarda allo specchio, di riconoscersi nella versione migliore di sé.
Sente che è arrivato il momento di fiorire.
FEDERICA
“Ormai lavoro qui da un anno, direi che posso iniziare a pensare di chiedere una promozione”.
Federica percorre con passo veloce il corridoio di ritorno dal bagno.
Sente il suo telefono squillare.
La policy aziendale prevede di rispondere dopo il 3 squillo, se è la sua capa a chiamarla glielo farà sicuramente notare.
Così come le fa notare ogni volta che vuole uscire in orario, ogni volta che si arriva con la piega fatta o un nuovo vestito.
“Devi uscire con il tuo fidanzato dopo?”
Le chiede con tono cantilenante.
“Brutta invidiosa”
Vorrebbe rispondere ma si limita a fare un cenno con il capo e a dire.
“No con nessuno in particolare”
Alla faccia della solidarietà femminile.
Come se non bastassero le frecciatine dei colleghi maschi ogni volta che indossa qualcosa di più provocante o originale.
Gli stessi colleghi con cui deve competere ogni giorno.
Una sua idea ripetuta da Andrea sembra sempre avere più valore di quando lei la afferma la prima volta.
Alla mattina vorrebbe indossare una divisa, un po’ come quella tipa che si è messa sempre lo stesso vestito per 3 anni perché così dovevano giudicarla per quello che era e non per i suoi vestiti.
Federica vorrebbe che la sua divisa raccontasse il suo valore alla prima occhiata e anche dove può arrivare.
Che la distinguesse dagli altri e allo stesso tempo non la facesse giudicare (come quella volta che aveva messo la maglia con il pizzo o il cerchietto con una piuma).
Magari imparasse ad usare e abbinare i colori: si sente veramente un disastro in questo.
Da qualche parte ha letto che con i giusti colori riusciamo a dare un messaggio autorevole e forte.
Ecco proprio quello che serve a lei.
Con il grigio e il beige a volte si sente un po’ anonima, ma stanno con tutto.
In fondo le piacerebbe trovare uno stile che valorizzi la sua unicità e le permetta, quando si guarda allo specchio, di riconoscersi nella versione migliore di sé.
Sente che è arrivato il momento di fiorire.
SARA
Sara è in macchina. “40 minuti ogni giorno, chi me lo fa fare da 17 anni, 17 anni nella stessa azienda, un bel record, di questi tempi quasi una fortuna, nonostante tutto”.
Il semaforo diventa verde.
Pochi metri e finalmente può entrare nel parcheggio dell’azienda, Sara arriva sempre prima degli altri e i posti ancora liberi sono molti.
Una veloce occhiata allo specchietto retrovisore, il viso è ben truccato, si sistema i capelli, sono lisci, merito della piastra. Le mani sono curate e le unghie impeccabili.
Inizia la vestizione.
Le ballerine, comode per guidare, vengono riposte in un sacchetto e messe sotto al sedile.
Al suo posto Sara indossa delle scarpe con il tacco, lucide nere.
Anche la giacca appesa sul gancio sistemato sopra ai sedili posteriori è nera.
Così come i suoi pantaloni.
Con il nero non si sbaglia mai, rende la donna elegante e misteriosa. E poi sfina.
Così Sara indossa la giacca nera (che guidando avrebbe sgualcito e che le rende più difficili i movimenti).
Mentre compie questa operazione di nuovo si guarda di sfuggita allo specchio.
Le sembra quasi di vedere più rughe adesso. Il viso ha assunto una patina scura.
Sarà solo una impressione, sono le 8 del mattino ed è già stanca, è lei il capo ormai e quanta fatica per arrivare dove è.
Quante lotte con i colleghi più giovani, più freschi, più maschi.
Adesso però c’è anche la sua foto nel sito dell’azienda, il titolare si fida di lei ed è così certo della sua lealtà che si permette anche qualche battuta di troppo, come quando ha detto che potrebbe anche chiederle di fare da baby sitter ai suoi figli di sera, tanto lei non ha mai niente da fare.
Non ha mai capito se si è dedicata così tanto al lavoro perché era single o se è rimasta single perché si è dedicata così tanto al lavoro.
Certo ormai non saprebbe neppure come vestirsi se un uomo le chiedesse di uscire.
Il suo armadio è una infilata di completi e camicie.
Quello che indossa ogni giorno parla davvero di lei?
O solo di una parte?
Le piacerebbe ogni tanto poter indossare i colori vividi e le forme morbide che si permette solo in vacanza. Stoffe che accarezzano la pelle e non la costringono, tonalità sensuali che raccontano la sua personalità, quella personalità che ogni tanto le sembra di aver dimenticato.
In fondo piacerebbe trovare uno stile che valorizzi la sua unicità e le permetta, quando si guarda allo specchio, di riconoscersi nella versione migliore di sé.
Sente che è arrivato il momento di fiorire.
GABRIELLA
Ad una signora non si dovrebbe mai chiedere l’età.
Gabriella sta per compiere 60 anni e se potesse lo direbbe a tutti quelli che incontra per strada.
Sua madre a 60 anni era anziana.
Lì con il fazzoletto ben calcato in testa a guardare la stufa fare il suo lavoro.
Lei a 60 anni non si sente affatto anziana.
La pensione che sta per arrivare le sembra solo l’inizio di una nuova fase della vita.
Gabriella ha 3 figli.
Li ha cresciuti, li ha sfamati, li ha aiutati e assistiti in tutti i loro momenti importanti.
Li ha portati a scuola, li ha aiutati ad arredare le loro case da studenti prima e conviventi poi.
Il suo fisico è cambiato, il suo viso è cambiato e certo non è più la ragazza in costume, sorridente e con i capelli al vento di cui si è innamorato suo marito quell’estate al mare.
Però lui la ama ancora e la trova ancora bella.
E lei si sente bella, più bella adesso di quando non sopportava il sole che le faceva comparire lentiggini sul naso o si guardava i piedi troppo magri e cercava di nasconderli con l’aiuto della sabbia.
Quando va per negozi però si deprime.
Le proposte di abbigliamento per le donne della sua età sono limitatissime.
La risposta ai fisiologici chili in più è: indossa una palandrana nera o buttati sulle stampe con disegno simile a quello di una tappezzeria, così magari ti confonderai con l’ambiente e passerai inosservata.
Gabriella sa usare internet, anche se si sente una antenata digitale.
Paola, sua figlia maggiore ,vive a Londra ed è molto più comodo comunicare con lei a distanza attraverso il computer e poi così riesce sempre a vedere le foto del piccolo Thomas, pubblicate sul profilo dei genitori.
Ogni tanto prova ad avventurarsi nei negozi virtuali ma ha paura delle fregature o di sbagliare tutto.
Che bello sarebbe sentirsi libera e felice come le signore di quel documentario che ha visto su Netflix.
Venivano fotografate insieme alle fashion blogger, come si dice adesso, ed erano più belle e più richieste.
Perché si vedeva che non gli importava più un fico secco di piacere agli altri ma volevano solo divertirsi e stare bene.
In fondo le piacerebbe trovare uno stile che valorizzi la sua unicità e le permetta, quando si guarda allo specchio, di riconoscersi nella versione migliore di sé.
Sente che è arrivato il momento di fiorire.
TO BE CONTINUED…
Matilde dice
Bellissimi i racconti, mi sento un po’ Eva è un po’ Federica, però anche nelle altre mi riconosco. Mi piace molto quest’idea e aspetto le prossime puntate.
enry dice
bellissimo post, mi ha intrattenuto, mi ha fatto sorridere e anche un po’ commosso, mi sono ritrovata in alcune di queste donne e alcune cose avrai voluto avere di altre! E le adolescenti che sotto la maglia oversize non mostrano solo la spalla ma spesso e volentieri un’orribile spallina di reggiseno? (orribile perché secondo me la biancheria non si dovrebbe vedere, soprattutto se è nera sotto una maglia giallo chiaro o bianca sotto una maglia marrone).
Anna Lisa dice
MI piace molto questo post sulle 5 donne alla ricerca del proprio stile. Per me non è facile sentire di indossare l’abito “giusto” per me stessa, che mi faccia sentire bene, a mio agio e che mi rispecchi! attendo fiduciosa il seguito, buon lavoro ANNA!!!
rossellaboriosi dice
sei la migliore. La migliore, sì