In questi giorni ho pensato molto alle connessioni della moda con l’innovazione, anche tecnologica.
Di recente ho parlato di questo tema in un panel in occasione di DIGITAL Meet, in un evento organizzato a Treviso da Giuliamaria Dotto, e ho partecipato ad una tavola rotonda con istituzioni, scuole, esponenti della comunicazione e artigiani in occasione della Venice Fashion Night organizzata da Venezia da Vivere.
In entrambi i casi il focus era quello di cercare, attraverso il confronto, un modo di dare nuova vita e una ripresa alla moda del territorio che passa anche per le piccole aziende artigiane che hanno fatto forte il Veneto ma che, con la crisi, si sono sentite schiacciate dalla competizione con realtà massificate.
La chiave del successo secondo me è quella di saper sfruttare tutte le potenzialità insite nella moda stessa.
La moda è un fatto di cultura, registra gli umori del tempo, è il polso visivo della società in grado di esporre sentimenti, ansie e visioni di un periodo storico, proprio come l’arte.
La moda è una cosa serissima che però non si prende sul serio, gioca e giocando sperimenta e innova.
La moda ti permette di fare chiara, proprio perché fisicamente espressa, la tua unicità, la moda ti permette di comunicare e di fare una scelta. La scelta di oggi però può non essere quella di ieri, per questo dico che consente di esprimere i propri umori e sentimenti.
Questo ho raccontato al panel a DIGITAL Meet, indossando proprio per mostrare il lato giocoso della moda un paio di calze fuxia (in tono con in logo dell’evento e me ne sono accorta dopo), e su questo mi sono confrontata con persone come Miriam Nonino e Alessandra Milan fondatrici di Altrove e Riccardo Manente Ceo di Praio, Virginia Scirè di Allegri Briganti e Alberto Fraticelli, marketing manager di Lotto.
parla @AnnaTurcato che con le calze in tinta con il logo di @DIGITALmeet batte tutti!!!
— alessandra marzatico (@amarzatico) 24 Ottobre 2014
La moda quindi è per sua stessa natura estremamente innovativa e per questo motivo propensa ad un mondo innovativo come quello del digitale.
Innovare nella comunicazione della moda secondo me è anche capire che gli strumenti tecnologici e interattivi possono aiutarci a veicolare il messaggio moda e non sono il nemico che svilisce il sistema.
Ascoltavo un’ intervista dei direttori creativi della maison Valentino rilasciata mi pare a Studio Aperto (fonti di primo livello vi porto eh :)) che tutti preoccupati dicevano: “bisogna far capire che le nostre collezioni sono qualcosa d’altro da quello che si può vendere e comprare su Instagram”.
Fammi capire Valentino teme Instagram?
Quale è la soluzione quindi?
La soluzione non è certo solo dare i propri prodotti alla Chiara Ferragni di turno perché si fotografi indossandoli su Instagram.
Le fashion blogger a mio avviso sono il corrispettivo dei giornali d’epoca negli anni Venti e sono utilissime ai fini della registrazione delle tendenze dei nostri tempi in senso iconologico e iconografico.
Si tratta però in molti casi, ovviamente non in tutti ci sono delle fashion blogger come Arianna Chieli che stimo molto, di mannequin che non sempre riescono a dare un reale valore aggiunto a quello che indossano, se non il fatto di portarlo bene.
Si può fare di più. Si possono usare il digitale e i mezzi tecnologici per raccontare la propria storia e la propria peculiarità in modo nuovo e appunto innovativo.
Fa bene Lotto a presentare le sue collezioni in 3D al consumatore attraverso una applicazione mobile: non ne perde in qualità, ne guadagna solo in appeal e comprensione.
Fa bene Silvia Bisconti, ex direttore creativo di Maliparmi, che ha creato una sua azienda chiamata Raptus and Rose e che attraverso ogni forma di comunicazione spiega il suo mondo, dalle foto dei dettagli di tessuto (scelto da lei stessa durante i suoi viaggi in India) alle performance danzanti dei suoi abiti portati in giro da giovani ragazze a creare interazione e curiosità per le strade della città, come è successo a Venezia proprio in occasione della Fashion Night.
Innovazione quindi è anche non arrendersi e continuare a credere nel “fatto in Italia” ma senza chiudersi dietro le serrande della propria bottega o laboratorio.
Si diceva sia al DIGITAL Meet che durante l’interessante tavola rotonda della Venice Fashion Night che le aziende venete stando alle statistiche sono le meno presenti sul web e sui social network in generale; la mia risposta a questo è semplice: i veneti sono abituati a lavorare e non a raccontare che lavorano e anzi raccontare è una perdita di tempo.
La moda è un racconto e il racconto può essere registrato e illustrato attraverso molti canali, usare il canale digitale e la sua diffusione non può fare che bene se lo si fa nell’ottica di spiegare il perché della propria unicità e di quello in cui si crede, anche in una logica di mercato.
Ci vogliamo provare?
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