Leggo dal dizionario: ” la felicità è lo stato d’animo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. Chi è felice prova serenità, non è turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato.”
Oh mamma, ma allora io non sono mai stata felice.
Io che ho sempre un motivo per cui lamentarmi, un motivo per invidiare quelli che stanno meglio di me, io per cui ogni cosa è preoccupazione.
Io che in molti momenti somiglio al puffo Brontolone quello che “io odio…”
Senza soluzione di continuità mi agito e mi angoscio per grandi e piccoli turbamenti nella stessa esatta maniera. E mi stresso anche quando le cose vanno bene per il timore che il benessere finirà presto.
Io che vorrei avere tutto sotto controllo e mi spoilero da sola come finiranno i film per non venire colta di sorpresa.
Io che so essere pesante come un masso.
Io che la serenità non fa proprio parte di me.
Per questo la cerco guardando il mare davanti a casa.
Negli ultimi mesi la mia vita ha subito una serie di battute d’arresto di diversa entità, dal cellulare finito in acqua a dei problemi di salute che ancora non ho risolto e che potrebbero condizionare il mio futuro.
Mai come in questo periodo ho realizzato una cosa: la felicità dipende da me.
Monitorare i minimi cambiamenti del mio corpo, fare attenzione ai movimenti ed essere accompagnata in ogni istante da un po’ di dolore di sottofondo e dalla certezza dell’incertezza mi ha fatto riflettere.
Non tutto dipende da me, però dipende da me come affronto ogni cosa.
Posso essere felice.
Posso farmi travolgere e condizionare dalle mie paure oppure posso decidere di godere di quello che ho.
Io posso ed è questa la mia grandissima fortuna.
Non sono mai stata una da vizi e dipendenze, ho fumacchiato al liceo solo per poter offrire le sigarette ai più fighi, bevo per allegria e socialità ma non per bisogno, non gioco d’azzardo per pavidità e istinto di auto conservazione.
Però ho deciso che voglio prendermi un vizio:
il vizio della felicità.
Lo scrivo qui, a te, per impegnarmi a farlo che la tentazione alla lagna è sempre dietro l’angolo.
Lo scrivo qui, a te, perché voglio condividere questo impegno e, se ti andrà, iniziare insieme un viaggio verso qualcosa di nuovo.
Lo scrivo qui, a te, perché vorrei che ogni mia azione, anche professionale, d’ora in poi seguisse questa strada.
La strada della felicità.
Proprio adesso che nulla va come mi aspetto o asseconda i miei piani, ho deciso di cambiare atteggiamento.
Ci provo: provo a sorridere, accettare il cambio di passo e vederne il lato migliore.
Essere completamente felici è possibile?
Certo che no, altrimenti galleggeremmo nella vita come delle bolle di sapone che non entrano mai in contatto le une con le altre.
Vivere significa soffrire, vivere significa rompersi per poi aggiustarsi, vivere significa sanguinare.
E quindi?
Quindi che essere felici sia il nostro sforzo, che essere felici sia il nostro impegno quotidiano.
“Ehi ma questa qui è scema, ha appena perso l’uso delle gambe ed è felice lo stesso!”
Questo mi sono detta a 8 anni guardando un cartone animato in Tv.
Il cartone animato si chiamava Pollyanna e raccontava la storia di una bambina con tutte le sfortune del mondo che però si ostinava a predicare la felicità.
Perché Pollyanna è una che se la felicità non c’è se la crea.
Nonostante tutto, nonostante perda prima la madre e poi il padre.
Nonostante venga mandata a vivere da zia Polly, una zitella rigorosa e fredda pronta ad agire sempre e solo “per dovere” e che la spedirà a dormire in un caldo abbaino.
Non ti piace il tuo nome?
Potevi sempre chiamarti Hiphzibah.
Non ami i lunedì mattina?
Proprio di lunedì mattina dovresti essere più contenta perché hai davanti una intera settimana prima che arrivi di nuovo il lunedì.
Non hai figli?
Sarà ancora più bello quando, in qualsiasi forma, arriveranno nella tua vita come succede a Mister Pendleton e Jimmy Bean.
Questo è il gioco della felicità che Pollyanna applica, appunto, anche quando perde l’uso delle gambe dopo un incidente, coprendo la fortuna di possedere tutte le altre parti del suo corpo funzionanti.
Pollyanna pensa sempre positivo e insegna il suo gioco della felicità ad ogni persona che incontra, migliorandone la vita.
Te lo confesso: non mai provato a fare il gioco della felicità da bambina e ho guardato Pollyanna quasi infastidita dalla sua gioia di vivere.
Però qualcosa mi era risuonato dentro, quello stesso “qualcosa” che a due/tre anni mi spingeva a salutare dalla finestra le persone che passavano (macchine, motorini, biciclette, poco importava) davanti a casa mia.
Lo facevo per migliorare la loro giornata, per regalare loro un sorriso.
Pollyanna
che sa che in ogni viso
nascosto c’è un sorriso
e lo conquisterà.
Pollyanna
che con la sua dolcezza
regala tenerezza
e il cuore ti aprirà.
E così Pollyanna è stato un personaggio ricorrente nella mia vita. Durante l’università ho visto il libro scritto da Eleanor Hodgman Porter nel 1913 su una bancarella del mercato di Bologna e l’ho preso subito, d’istinto.
In più da quando ho iniziato questo lavoro ho sempre tenuto un’immagine di lei sul desktop del mio computer. Quasi senza sapere perché.
In questo periodo in cui ho desiderato avere il libro di Pollyanna sul mio comodino, ho finalmente unito i puntini.
Adesso l’ho capito.
Sì, adesso che realizzo il tempo perso a preoccuparmi di paranoie inutili o naturali intoppi quotidiani, adesso io voglio lasciare spazio alla Pollyanna dentro di me.
Perché non è solo una questione di guardare il bicchiere mezzo pieno o di capire quante persone stanno peggio di noi ma si tratta di realizzare la propria fortuna.
Di non pensare a come eravamo felici ieri o a come potremmo esserlo domani ma di impegnarci per diventarlo oggi, subito, quasi con urgenza.
Pollyanna non è una ragazzina sciocca ma una combattente: si impegna e non teme la fatica che decidere di essere felici porta con sé.
Polyanna è determinata a godere del meglio che ogni giorno le offre.
Pollyanna ricorda a tutti che la felicità è un atto di volontà e che occorrono forza, intensità e consapevolezza per ribaltare la prospettiva e iniziare a guardare prima il bello.
Lei vuole vivere sempre dentro un arcobaleno, non per stupidità ma per amore verso se stessa e gli altri.
E se l’arcobaleno non c’è, Pollyanna lo crea con dei prismi colorati.
Pollyanna è la mia nemesi ma anche una parte profondissima di me.
Quella parte che vorrei ritrovare.
Così ho deciso di abbracciare la Pollyanna che c’è in me.
Tanto da dedicarle una parte del mio lavoro.
Non solo voglio vedere “il lato rosa della vita” ma aiutare anche gli altri a scorgerlo: e lo farò a modo mio, occupandomi del futile che futile non è.
Come Pollyanna che, per stimolare un cambiamento nelle persone, oltre a parlare loro del gioco della felicità raccomanda quasi sempre piccoli “aggiustamenti” dal punto di vista dell’immagine.
Crea lei stessa nuove pettinature, suggerisce di indossare dei foulard lilla sopra a vestiti neri, consiglia abiti dai colori chiari e di abbellirli con nastri o pizzi.
Persino alla signora Snow, costretta a letto, Pollyanna dice di cambiarsi spesso la camicia da notte per vedersi diversa.
Esattamente quello che succede durante i miei corsi quando avvicinare un drappo colorato al proprio viso fa capire qualcosa di nuovo di sé.
Io ci credo, ci credo che il primo passo da fare per iniziare il percorso verso la felicità sia iniziare a sorridersi davanti allo specchio.
Sorridere al proprio corpo e alla propria personalità, rese racconto per immagini.
Colorare i propri abiti per smettere di nascondersi pensando che tanto non serve a nulla.
Illuminarsi fuori per far uscire la propria bellezza da dentro.
Cambiare ogni giorno, sperimentando qualcosa di nuovo: far entrare il cambiamento nel proprio stile per farlo entrare nella propria vita.
E così…
Un giorno, tornando in macchina dall’ospedale e parlando di progetti professionali con mio marito per distrarmi, gli ho detto “tra l’altro devo ancora capire come chiamare il nuovo servizio, quello sai che ho pensato dopo la “dipartita” improvvisa di Polyvore ad Aprile”.
Quel Polyvore che usavo come “piattaforma grafica” per creare i look su misura per clienti e corsisti e per il blog e mi aveva forzato a giocare al gioco della felicità di Pollyanna quando, dalla sera alla mattina, mi ero ritrovata articoli come questo, questo, questo, questo (potrei continuare all’infinito) con dei punti di domanda al posto dei miei outfit embeddati (meno male che conservo tutto e con tempo e aiuto ho ricaricato ogni cosa).
Quel Polyvore che mi aveva costretta a cambiare prospettiva e a trovare subito nuove soluzioni grafiche per continuare a lavorare sui progetti di stile dei miei clienti e aiutarli nello shopping online con le mie ricerche e selezioni.
Quel Polyvore che mi aveva fatto pensare “ma se inventassi un mio “Polyvore Anna?”
Quel Polyvore che aveva fatto esclamare a mio marito:
“Poly…vore…ma perché non lo chiami Polly Anna?”
Io a questo nuovo servizio lavoro già da un po’ ma non avevo avuto ancora il tempo di presentartelo perché, come ho detto, la vita mi ha portato verso altre priorità.
E sai che c’è?
È andata meglio così, proprio come avrebbe detto Pollyanna.
Perché adesso, oggi nel giorno del mio onomastico, inizia la nuova storia di:
Quando puoi decidere di essere felice?
Quando puoi iniziare il gioco della felicità?
Alla mattina appena sveglia, quando, davanti al tuo armadio invece di dire: non ho nulla da mettermi, non c’è nulla di bello…puoi affermare:
“sì oggi me lo merito, mi voglio impegnare: come posso vestire la mia felicità?”
E proprio in quel momento io vorrei essere lì con te a ispirarti e darti forza.
Così che presentarti al mondo non sia più una “tortura” da “cosa mi metto” ma un piacere e una opportunità di affermare chi sei e sorridere agli altri con i tuoi abiti, contagiandoli con la tua felicità di sentirti nei tuoi panni.
Ecco la mia nuova avventura: te la descrivo per bene qui.
Spero davvero che vorrai percorrere un pezzo di strada insieme a me.
E nel frattempo sii felice. È l’unica cosa che puoi fare per diventarlo.
Sei curiosa di sapere che cosa è successo a PollyAnna un anno dopo questo post? Leggi qui?
Valentina Giordani dice
Cara Anna, quanto mi ritrovo nella tua descrizione di costante preoccupazione per le piccole e grandi cose che mi accompagna negli ultimi anni.
Da oggi penserò a Pollyanna ogni volta che sarò tentata di lagnarmi per delle piccolezze!
Un abbraccio.
Anna dice
Che bello!