Moda italiana chi sa come è la tua vita oggi, parafrasando uno stupendo verso di Battiato.
In questi giorni mentre Loro Piana, un brand simbolo del Made in Italy, veniva assorbito dal colosso francese di LVMH, erodendo un altro pezzetto del patrimonio manifatturiero italiano, e a Venezia Stefano Gabbana, vestito da torero, e Domenico Dolce, nei panni di Arlecchino, organizzavano un party esclusivo a Palazzo Pisani Moretta per festeggiare la loro terza sfilata di alta moda, in una rappresentazione iconica dell’Italia confezionata ad hoc, con quella tensione tra kitch e trash (che non è sbagliata in assoluto intendiamoci) tipica del duo di stilisti, io ripensavo agli eventi organizzati in occasione di Trevisomodesign Fashion at Iuav di cui vi ho già parlato qui e a cui ho avuto modo di partecipare.
In un periodo storico e in un paese in cui ormai è quasi stucchevole ripetere che si è considerati giovani e senza reali opportunità di crescere fino ai 40 anni, quelli che sono sulla trentina, come me, hanno giocoforza sviluppato un atteggiamento diffidente e a volte anche supponente verso i “veri” giovani, visti come spiacevoli avversari, inesperti ma in grado di rubare il lavoro in quanto più disponibili a contratti flessibili e pagamenti inferiori se non inesistenti.
Tuttavia le sfilate in occasione del Graduation Show delle lauree triennali e magistrali da cui ha preso spunto tutto il progetto Fashion at Iuav mi hanno regalato un nuovo registro di interpretazione. Sicuramente molto del tocco poetico all’atmosfera generale può essere tributato all’attento studio di performance da parte di Kinkaleri ma si è trattato di una vera e propria ventata di aria fresca
Fondamentale il fatto che gli abiti portati in passerella dai fashion designer in erba fossero stati confezionati dalle loro stesse mani , sì perchè al corso di Design della Moda imparano a cucire, imbastire, tagliare, creare i modelli oltre che a dissertare sui massimi sistemi del mondo moda.
E infatti guardando le creazioni si percepiva il fascino esercitato dal contatto con il tessuto, era il tessuto a comandare, indirizzando i tagli e le intenzioni.
Certo si sono viste sfilare creazioni a volte esagerate nello spirito provocatorio e il desiderio di farsi notare o al contrario condizionate dalla paura di sbagliare e di osare. Si è preferito un uso smodato del nero al massimo abbinandolo al bianco a mo’ di coperta di Linus. Evidenti sono apparsi i tributi, consci o inconsci, ai loro docenti, primo fra tutti Fabio Quaranta per la moda maschile.
Tuttavia guardando le proposte risultava chiaro proprio lo spirito più intriseco della moda quale mutevole registro degli animi umani. Ispirazione momentanea che si fa materia e si ferma nella sua incorporeità.
Appunto perché i creatori sono giovani, freschi e privi delle sovrastrutture che porta con sé l’esperienza le loro opere si sono dimostrate un perfetto registro dei tempi, delle correnti e delle tendenze della moda.
E così lo studio sui corpi, le volumetrie esasperate, l’eleganza dei tagli, l’estremo rigore abbinato all’estrema morbidezza , un concetto di sensualità nuovo e ridefinito, la sovrapposizione di maschile e femmilile tutto ci dice dove sta andando la moda che parte dal basso e arriva in alto, così come dovrebbe essere, e non viceversa, come purtroppo ultimamente è.
Ho apprezzato particolarmente la modernità retrò dei capi, attuali ora ma incredibilmente senza tempo. Abiti e accessori atti a vestire più un concetto e un’intenzione che un’azione.
Per definire la moda che è e la moda che sarà.
Un ultima riflessione è legata al luogo in cui tutto questo è avvenuto: il Veneto. Territorio dalla grande tradizione artigianale e manifatturiera e sede di moltissime aziende del fashion. Che negli ultimi anni hanno visto la decisione da parte della proprietà di spostare il core degli uffici a Milano. Semplicemente perché ad un certo punto era diventato out non farlo.
Personalmente mi auguro una moda sempre meno “milanocentrica”, citando Maria Luisa Frisa, direttore del Corso di laurea in Design della moda e Arti multimediali all’Università Iuav di Venezia e presidente di MISA Associazione Italiana degli Studi di Moda,:
“La complessità del sistema moda italiano risente del fatto di essersi fermato agli anni Ottanta senza accorgersi che molto è cambiato, è cambiato lo scenario, sono cambiati gli utenti.
Quello italiano è un sistema vecchio, fermo, legato ad antichi interessi, centralizzato a Milano, se vuoi indipendenza devi rimanere un prodotto di nicchia, ti devi spostare, stare ai margini. Io vedo la nuova moda italiana esattamente come ho voluto rappresentarla sulla copertina del mio libro (“Una nuova moda italiana” edito da Marsilio). Una galassia, un’immagine che si rifà alla copertina del catalogo della mostra “Identitè Italienne” al Centre de Pompidou a Parigi (1981). Una sconfinata galassia dove le opere degli artisti si mescolano formando nuove costellazioni. E’ ora di rendersi conto che la moda è un grande sistema culturale, produttore di cultura. Produttore di segni e non solo di oggetti”.
E con i tre giorni di TrevisoModesign Fashion at Iuav L’Università Iuav di Venezia ha mosso un passo importante proprio in questa direzione.
Qui la gallerry con tutte le foto delle sfilate.
treviso hotel dice
L’evento è stato incredibile, pieno di straordinarie collezioni!